L’Università di Cagliari ha realizzato un dispositivo che consente di effettuare controlli e test per verificare il grado di “respirabilità” delle mascherine, strumento che dalla Fase 2 dell’emergenza coronavirus ci accompagnerà in quasi tutti i momenti di vita quotidiana.
La ricerca viene in aiuto di alcune realtà aziendali, che hanno deciso di riconvertire la loro attività alla produzione di dispositivi di protezione individuale anti contagio, come appunto le mascherine. Dall’Università di Cagliari proviene allora un nuovo dispositivo in grado di testare la respirabilità delle mascherine in questione, così da rendere tali prodotti conformi a quelle che sono le richieste governative.
Secondo quanto disposto dal Ministero della Salute, le mascherine chirurgiche, per essere sicure, devono essere prodotte nel rispetto di una specifica norma tecnica (la UNI EN 14683:2019), che prevede caratteristiche e metodi di prova, indicando i requisiti di resistenza a schizzi liquidi, di traspirabilità, di efficienza di filtrazione batterica e pulizia da microbi. Nello specifico, per ciò che concerne la respirabilità di una mascherina, questa deve essere conforme all’Appendice C della suddetta norma.
Il tal senso, allora, il dispositivo creato dall’Università di Cagliari per le nuove aziende produttrici, atto a testare la “respirabilità” delle stesse, è di grande importanza in un clima pandemico come quello attuale. Lo scopo del gruppo di ricerca, composto dai ricercatori Giorgio Pia, Paola Meloni e Roberto Ricciu del Dipartimento di Ingegneria Meccanica (diretto da Giacomo Cao), e i tecnici Gianluca Marongiu e Daniele Lai, è infatti proprio quello di aiutare gli imprenditori che stanno cercando di dare una mano riconvertendo la loro produzione.
Secondo quanto viene riportato dall’ANSA, il test delle mascherine avviene in più fasi. Durante la verifica, un campione precedentemente portato alla temperatura di 21 °C e all’umidità dell’85%, viene fatto attraversare da un flusso di aria. Dopo di che, alcuni strumenti rilevano la differenza di pressione in funzione della superficie esposta, determinando un valore che viene poi confrontato con quello della norma di riferimento.
Oltre ad essere delle verifiche, questi test effettuati dal dispositivo (già messo a disposizione delle aziende) possono rappresentare una guida per i produttori che vogliono realizzare o migliorare i loro prodotti, per garantirne qualità ed efficacia.
Come spiega ai giornalisti dell’ANSA Giorgio Pia, “l’emergenza mascherine non è da sottovalutare”, e soprattutto ora che ci stiamo addentrando nella cosiddetta Fase 2, “appare ancor più attuale e urgente che vi sia una notevole produzione per far fronte alla massiccia richiesta“.
Come conclude poi il ricercatore, “il territorio sardo, come in altre regioni, ha visto nascere nuove produzioni fai-da-te, ma anche vere e proprie riconversioni di imprese del settore tessile che operavano in ambiti molto distanti da quelli dei dispositivi di protezione”. Per questo motivo avere delle precise linee guida di riferimento, così come anche dei dispositivi di verifica accurati ed efficienti, risulta di notevole importanza.
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