Oms, metà dei morti in Europa erano nelle case di cura

Il direttore regionale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Oms Europa, ha dichiarato in conferenza stampa che metà dei morti europei erano ospiti nelle case di cura.

Oms, metà dei morti in Europa erano nelle case di cura - Hans Kluge (Getty) - meteoweek.com
Oms, metà dei morti in Europa erano nelle case di cura – Hans Kluge (Getty) – meteoweek.com

Hans Kluge, direttore regionale dell’Oms Europa ha dichiarato in conferenza stampa che quasi la metà delle persone decedute a causa del Coronavirus nel Vecchio Continente erano residenti ospiti di case di cura. Il direttore Kluge ha tenuto a sottolineare che “secondo le stime che arrivano dai Paesi europei la metà delle persone che sono morte di Covid-19 erano residenti in case di cura. Il quadro su queste strutture è profondamente preoccupante e inquietante“. Kluge ha, inoltre, affermato che “c’è un urgente ed immediato bisogno di ripensare il modo in cui operano le case di cura oggi e nei mesi a venire. Le persone compassionevoli e dedite che lavorano in quelle strutture sono gli eroi di questa pandemia“, ponendo in evidenza quanto gli operatori sanitari di tutti i Paesi d’Europa siano stati sovraccaricati di lavoro, con orari spesso disumani, siano sottopagati e siano stati mandati allo sbaraglio perché quasi sempre privi dei dispositivi di protezione adeguati.

Intanto l’Oms si è detta preoccupata per una ipotetica seconda ondata di Coronavirus. Catherine Smallwood, Senior Emergency Officer dell’ufficio regionale europeo dell’Organizzazione mondiale della sanità, Oms, ha dichiarato in conferenza stampa: “siamo assolutamente preoccupati per la possibilità di una seconda ondata di infezione in ogni Paese: ancora non sappiamo del tutto come si comporta questo virus“. Proprio a causa di questa scarsa e inadeguata conoscenza del virus, del quale non sappiamo neanche quali tipi di terapie e farmaci adottare, l’unica arma che abbiamo a disposizione è tentare di circoscriverlo attraverso le misure di distanziamento sociale e di chiusura della maggior parte delle attività produttive adesso e in seguito attraverso forme di tracciamento dei contagiati e immediato isolamento sociale dei casi di contagio individuati. Dato che per quanto riguarda il Coronavirus e le sue caratteristiche di contagio il suo ipotetico debellamento dipende da un vaccino o dall’immunità di gregge che si raggiunge solo se almeno il 66% della popolazione è stata contagiata, ci sarebbe il rischio di una seconda ondata del virus. In Corea del Sud e in Giappone al momento sono impegnati a fronteggiare nuovi focolai, dopo aver concluso la prima ondata. L’unica cosa che potrebbe dare risultati risolutivi è osservare e imparare dagli errori degli altri Stati o prendere spunto da esempi virtuosi.

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