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Cronaca

Coronavirus, come cresce la mortalità in Italia: i dati del SISMG e l’efficacia del lockdown

In un recente intervento degli esperti del SSR-Regione Lazio, intervenuto a correggere alcune delle informazioni inesatte circolate in rete negli ultimi giorni, si fa chiarezza sull’andamento della mortalità in Italia a causa del coronavirus. 

foto via The Times of Israel

In un recente articolo redatto da Il Sole24Ore, pubblicato lo scorso 17 aprile, si era parlato dei numeri dei decessi in Italia in questo periodo di pandemia di coronavirus. A contestare quanto esposto nell’articolo, tuttavia, sono intervenuti gli esperti del Dipartimento di Epidemiologia del SSR-Regione Lazio, che hanno fatto luce e chiarezza su quanto di inesatto era stato riportato dai giornalisti.

Nell’ultimo articolo pubblicato sulla testata, ma redatto appunto da Marina Davoli e Paola Michelozzi, sono stati perciò riportati informazioni e dati corretti in merito all’andamento della mortalità in Italia a partire dalla prima settimana di marzo – e quindi a seguito dell’emergenza Covid-19. In particolare, come spiegato dagli esperti, sembra ci siano stati significativi eccessi di mortalità soprattutto nelle città del Nord Italia, “che hanno superato anche di due-tre volte i dati della serie storica“.

Il sistema di raccolta dei dati usato è quello nazionale del SISMG, nel quale figurano i resoconti di ben 19 città. Secondo l’ultimo rapporto aggiornato all’11 aprile, dunque, appare evidente la conferma degli “eccessi di mortalità soprattutto al Nord e, a partire da metà marzo, anche al Sud“.

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Come è cresciuta la mortalità in Italia a causa del Coronavirus

Ciò che poteva trarre in inganno gli occhi inesperti in materia, almeno in merito ai numeri di decessi registrati “nel periodo invernale immediatamente precedente l’epidemia”, era dovuto al fenomeno per il quale quest’annola mortalità osservata è stata inferiore all’atteso (dati degli ultimi 5 anni)”. Questo, tuttavia, è da ricondurre “all’intensità medio-bassa della stagione influenzale” e alle “condizioni climatiche miti dello scorso inverno”. In questo senso, specifichiamo, si parla ovviamente della stagionalità della mortalità giornaliera osservata nella popolazione più anziana (sopra i 65 anni), dato che per “le classi di età più giovani la mortalità giornaliera non mostra invece andamento stagionale”.
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Tuttavia, come spiegato dagli esperti, proprio questo decremento di mortalità “ha determinato un temporaneo incremento della popolazione più fragile che si è trovata successivamente esposta all’epidemia di Covid-19″. Epidemia che poi, tragicamente, non le ha lasciato scampo.
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foto via Time Magazine
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Per questo motivo, allora, “la mortalità nei primi mesi del 2020 non mostra importanti scostamenti rispetto agli anni precedenti”. Tuttavia, ciò “non significa che l’epidemia non abbia avuto un forte impatto sulla mortalità”, quanto piuttosto “che il decremento invernale, prima dell’epidemia, e l’incremento dei mesi di marzo e aprile, in qualche misura si sono compensati“.
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Due fattori che gli esperti tengono a sottolineare, però, riguardano uno la raccolta dei dati del sistema nazionale e l’altro le misure di restrizione e isolamento sociale derivate dall’epidemia. Per ciò che riguarda la raccolta dei dati, infatti, Davoli e Michelozzi spiegano che i dati sulla mortalità registrati nel clima di pandemia dal SISMG sono attribuibili a “decessi per tutte le cause; in questo modo è possibile ridurre gli effetti di misclassificazione delle cause di morte (i.e. decesso per o con COVID-19) e della relativa eterogeneità geografica e temporale”.
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Ultimo punto, invece, suggerisce come il lockdown drastico sia stato d’aiuto per la salvaguardia della salute dei cittadini nel nostro Paese. Sempre secondo quanto spiegato dagli esperti, infatti, “a partire dal secondo rapporto del SiSMG si osserva un rallentamento della crescita dei decessi nelle città del Nord”. Un fenomeno, questo, che sebbene vada comunque confermato, già “suggerisce una potenziale efficacia delle misure di contenimento nel ridurre la circolazione del virus, il suo numero di riproduzione e quindi di infezioni, e, con una latenza di qualche settimana, la mortalità”.
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In particolare, spiegano infine Davoli e Michelozzi, il lockdown può aver salvato in tempo anche le Regioni meridionali, dato “l’impatto contenuto in termini di mortalità nelle città del Sud, dove il virus è arrivato con circa due settimane di ritardo, quando le misure di contenimento erano già in atto”.
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