Tales From the Loop, disponibile sulla piattaforma streaming Amazon Prime Video, trae ispirazione dai dipinti digitali dell’artista Simon Stålenhag. Forse anche per questo è una serie assolutamente inedita ed innovativa nel panorama televisivo.
Se è vero che non capita spesso di vedere una serie televisiva basata su delle illustrazioni digitali e non invece su romanzi o fumetti, è anche vero che la serie Tales From the Loop, disponibile su Amazon Prime Video, può essere vista in due modi differenti: seguendo l’ordine degli episodi che compongono la prima stagione oppure guardando singolarmente le puntate in ordine sparso. Due modi entrambi validi, ma che conducono ad esperienze completamente differenti.
Tales from the Loop | tra antologia e serie tv
La serie creata da Nathaniel Halpern (che aveva già lavorato a Legion) è una serie che non è realmente antologica (perché i personaggi sono ricorrenti e le loro storie che li riguardano sono indissolubilmente intrecciate tra loro) ma neanche mai propriamente seriale (perché gli episodi possono essere visti separatamente senza avere grandi problemi di comprensione della narrazione). È un tipo di struttura a cui il pubblico moderno non è abituato, ma che addirittura torna indietro al 1989 e al Decalogo di Krzysztof Kieślowsk. Proprio in questa sua ambivalenza sta la peculiarità di una serie che si smarca dalla necessità di creare a tutti i costi un arco narrativo da seguire dall’inizio alla fine e concede allo spettatore la possibilità di ignorare volutamente i fatti (in alcuni casi particolarmente rilevanti) che costituiscono il background dei personaggi. Se la stagione, vista nel suo insieme, ci parla di Jakob Willard, May, Cole Willard, Geroge Willard, Loretta Willard e Russ Willard, ogni singolo episodio ci parla del ragazzo, della ragazza, del bambino, dell’uomo, della donna e dell’anziano. Possiamo decidere di soffermarci sull’affresco complessivo oppure su ogni singola pennellata, osservando i personaggi solo in un determinato istante della loro esistenza.
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I registi della serie
Anche la scelta di affidare ogni episodio, in base alle atmosfere che lo caratterizzano, ad un regista che nella sua carriera ha già lavorato con quel tipo di sfumature, è una scelta molto “cinematografica” (generalmente nelle serie tv tutti i registi seguono lo stile impostato dal regista del pilot o consigliato dallo showrunner). In Tales from the Loop troviamo invece registi del calibro di Mark Romanek, che dirige il primo episodio, dando la linea per l’estetica della serie, che si rifà al suo Non lasciarmi, Andrew Stanton (regista di Wall-E), Ti West (uno dei maggiori talenti del cinema horror indipendente) e persino la celebre Jodie Foster (a cui è affidata la chiusura della stagione). E ognuno di questi dirige il proprio episodio rimarcando il proprio gusto e la propria mano.
Cosa la distingue dalle altre serie tv
A differenza della più famosa serie di fantascienza antologica a cui oggi spesso ci si riferisce, cioè Black Mirror, lo show di Nathaniel Halpern non è interessato al commento sociale e non vuole ammonire il proprio pubblico rispetto ai rischi della tecnologia (piuttosto ai suoi risvolti emotivi e sentimentali). E a differenza delle cosiddette serie che seguono una narrazione a “mystery box” (come ad esempio Westworld), non è un lungo disvelamento della propria misteriosa premessa, ma una sequenza continuativa di nuovi interrogativi.