Secondo Saviano bisogna avere la forza di rompere il velo del garantismo a nord come a sud: bisogna sapere cosa è successo veramente.
“Per quale ragione mai, oggi, si dovrebbe pensare che al cospetto del più grande disastro in termini di perdite umane da settantacinque anni a questa parte bisognerebbe “evitare i processi” o non analizzare le ragioni, anche culturali e antropologiche, che lo hanno determinato? Solamente il Sud è possibile oggetto di analisi sociologiche? Solamente al Sud si può parlare di omertà? No signori, le cose non stanno così.“: un pesante j’accuse quello di Roberto Saviano che interviene in un articolo su La Repubblica per parlare di quanto sta succedendo in Italia e di ciò che ha provocato questa immensa emergenza sanitaria. Secondo Saviano, la Lombardia, una delle regioni più colpite dal coronavirus, ha collassato perché ha distrutto il suo tessuto sociale. Lo scrittore si chiede quanto abbia contato la voce degli operai lombardi in questi mesi, se qualcuno gli abbia chiesto se si sentivano sicuri a continuare a lavorare senza protezioni, quanto abbia contato, inoltre, la voce dei medici e degli infermieri che hanno assistito allo smantellamento della parte meno “produttiva” di quel sistema sanitario, per poi trovarsi a morire, per mancanza di dispositivi di sicurezza e per decisioni che nel pieno della crisi ne hanno aggravato il peso sul piano dei contagi. Una serie di domande incalzanti che necessitano di ulteriori approfondimenti da parte della politica e delle forze dell’ordine.
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“Se la Lombardia non va criticata perché produce il 25% del pil nazionale, allora sappiate che dietro l’angolo c’è il collasso morale“, sostiene Saviano. Se si tace adesso la fine è vicina perché è inqualificabile il danno che può causare la non elaborazione del lutto. La politica, forse, però, non lo farà mai. È bene che il Nord e la Lombardia lascino spazio alla indignazione di chi si è trovato all’improvviso nudo, poiché se non lo faranno ne saranno travolti. “Ma se noi italiani ci guarderemo per la prima volta, osservando le nostre ferite, forse, riusciremo finalmente ad abbracciarci e ad essere una sola cosa. Allora sì, ce la faremo. Io ne sono certo“, conclude lo scrittore.
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