Il Covid-19 può resistere nell’aria fino a 16 ore, ha particelle più infettive della Sars e Mers. A sostenerlo è una ricerca pubblicata dal sito MedRxiv.
I ricercatori dalla Tulane University, dell’Università di Pittsburgh e dell’istituto per lo studio delle malattie infettive Niaid, dei National Institute of Health (Nih), degli Stati Uniti stanno conducendo uno studio. Dai primi risultati hanno osservato che la trasmissione del virus, avvenendo attraverso goccioline in sospensione nell’aria, potrebbe essere uno dei fattori rilevanti della sua persistenza.
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Nell’articolo viene dimostrato che le persone affette da SarsCoV2 generano bioaereosol virali, in grado di rimanere infettivi nell’aria per lungo tempo. La ricerca è attualmente in sviluppo e gli autori, stanno prendendo in considerazione tutti gli elementi per elaborare le misure di prevenzione. Nello specifico, gli esperimenti in materia, condotti in situazioni controllate, hanno misurato il tempo e le persistenza nell’aria delle suddette particelle. Queste si trovano nelle goccioline in sospensione dal diametro da 1a 3 millesimi di millimetro (micrometri).
Dall’analisi al microscopio elettronico si evince che forma, dimensioni e aspetto delle particelle virali rimangono inalterati. Per questo, i ricercatori affermano che il virus SarsCoV-2:”In generale mantiene la sua infettività quando viene nell’aria su brevi distanze, contrariamente agli altri due coronavirus esaminati”. Parliamo di quelli responsabili della Sars del 2003 e della Mers del 2015. Entrambi, sottolinea la ricerca, appartengono alla famiglia dei betacoronavirus. A questo studio si affiancano numerose ricerche. In particolare quella condotta dal Cnr sull’inquinamento da Covid-19.
L’inquinamento dell’aria contribuisce alla diffusione e mortalità del Coronavirus?
La risposta è stata diffusa in una nota del Cnr: “La complessità dell’argomento lo rende lungi dall’essere risolto. Molti aspetti della questione richiedono ulteriori approfondimenti con approcci multidisciplinari e competenze diverse. Queste domande sono insomma ‘open challenges’ per le attuali attività di ricerca”. Prima di arrivare a delle conclusioni c’è bisogno di continuare a studiare in laboratorio e prendere in esame tutti gli elementi possibili. Nella pubblicazione apparsa sulla rivista scientifica Atmosphere, dall’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isac) di Lecce e Roma, il fattore inquinamento viene trattato sotto tanti aspetti. Essa conferma che necessitano ulteriori approfondimenti in merito. A tal proposito, è stato evidenziato:”Il lavoro affronta il problema con due distinte domande, riguardanti una l’influenza dell’esposizione pregressa a inquinamento atmosferico sulla vulnerabilità al Covid-19 e l’altra il meccanismo di trasporto per diffusione in aria senza contatto”.
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