L’omosessualità della moglie dopo le nozze, nonostante ci siano tanti anni di matrimonio, è il motivo per annullare il matrimonio.
Sono state annullate le nozze di una coppia pugliese, a causa dell’omosessualità della moglie, nonostante dieci anni di matrimonio e la nascita di tre figli. Così, la prima sezione civile della Cassazione, con un’ordinanza depositata in data odierna, riconosce l’efficacia nell’ordinamento italiano di una sentenza ecclesiastica. Questa, nel 2012, dichiarava la nullità di un matrimonio celebrato nel 1990. A ricorrere in Cassazione contro la sentenza emessa dal Tribunale ecclesiastico regionale della Puglia e recepita dalla Corte di Appello di Lecce nel 2017, era stato il Procuratore Generale Francesca Cerioni, magistrato specializzata in diritto della famiglia e delle persone. La Cerioni ha sostenuto che la decisione del Tribunale ecclesiastico fosse “discriminatoria” della “libertà sessuale e affettiva”, della donna, considerata,come affetta da “malattia psichica”.
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Veniamo ai fatti. Nel ricorso presentato alla Procura Generale della Cassazione si è sostenuta la perdurante validità delle nozze, in quanto si erano protratte per dieci anni al momento del pronuncia da parte del Tribunale Ecclesiastico. Un arco temporale, questo, ostativo per la giustizia italiana all’annullamento del vincolo. La nostra giurisprudenza, infatti, non ritiene ammissibile l’annullamento di nozze protrattesi per oltre tre anni. Secondo la Procura quindi “l’unica ragione fondante la decisione del giudice ecclesiastico, che si muove tra giudizio e pregiudizio, è l’omosessualità”. Nella sentenza ecclesiastica, infatti, la donna sarebbe stata “biasimata a causa del suo orientamento sessuale e per questo considerata “affetta da disturbo grave della personalità”. Secondo il Procuratore Generale, recepire tale sentenza avrebbe significato violare il “limite dell’ordine pubblico interno e internazionale”, con particolare riferimento al “diritto fondamentale di vivere liberamente la vita sessuale ed affettiva sancito dalla Costituzione, dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. L’accoglimento del ricorso da parte della Cassazione, secondo il PG, sarebbe stato inoltre conforme al “principio di non discriminazione”.
A nulla è valso il tentativo del Pg della Suprema Corte: i giudici della hanno rigettato il ricorso. Ora il matrimonio fra Antonio M. e Anna P. è annullato. Il Procuratore Generale ha commentato sottolineato come il coniuge debole dovrà ora fare i conti con le conseguenze economiche della decisione, circostanza di cui sembra non aver tenuto tenuto conto la Suprema Corte.
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