Klaus Regling è il direttore generale del Mes. Al Corriere della Sera dice: “Ci sono differenze rispetto ai casi di Portogallo, Grecia e Irlanda, lo strumento servirà per coprire i costi della sanità”.
Si continua a fare un gran parlare degli strumenti che verranno messi a disposizione dall’Unione Europea agli Stati membri, per superare la crisi economica causata dal Coronavirus. E lo strumento più discusso è quello che riguarda il Mes. Il Fondo Salva-Stati sembra quasi essere uno spauracchio, almeno in base a quanto dicono i leader dei partiti del centro-destra in Italia. Tuttavia Klaus Regling, direttore generale e “anima” del Mes, ha voluto dare dei chiarimenti in un’intervista per il Corriere della Sera.
“C’è un nuovo approccio che stiamo prendendo con il Mes – ha dichiarato Regling – . Offriamo uno strumento, una linea di credito a tutti gli Stati dell’area euro. Il fatto che sia disponibile per tutti i Paesi con “termini standardizzati concordati in precedenza” come dice l’Eurogruppo è una differenza rispetto a quanto avvenuto una decina di anni fa. Allora i programmi per Grecia, Irlanda o Portogallo dovettero essere molto diversi l’uno dall’altro perché i problemi erano diversi. Le istituzioni europee dovettero negoziare una condizionalità dettagliata, diversa da Paese a Paese. Stavolta non sarà così”.
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Regling ha fatto capire anche come il Mes debba essere utilizzato dai Paesi membri che ne faranno utilizzo: “La dichiarazione dell’Eurogruppo dice che la sola condizione è di coprire i costi diretti e indiretti di sanità, cura, prevenzione”. Dunque un utilizzo mirato del Mes da parte dei Paesi che lo sfrutteranno. E il meccanismo è semplice: “In primo luogo questo significa dottori e infermieri in più, nuovi ospedali, materiale medicale. Poi ci sono i costi indiretti dell’epidemia e vanno molto oltre il semplice acquisto dei materiali. Ciò che conta è che i Paesi che chiedono questa linea di credito possano essere rimborsati per somme pari al 2% del loro prodotto lordo (Pil) per questi costi diretti e indiretti”.
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C’è chi teme che il ricorso al Mes potrebbe mettere alcuni Paesi in ginocchio, come avvenne per la Grecia. Regling sostiene che non può accadere, perchè le condizioni sono diverse: “All’epoca i problemi non furono causati da uno choc inatteso che riguarda tutti, come oggi, ma da errori di politica economica del decennio precedente. I Paesi che ebbero bisogno del Mes avevano perso accesso al mercato e avevano grossi problemi macroeconomici. Avevano deficit di bilancio e negli scambi con l’estero fra il 10% e il 15% del Pil. Curare quei problemi ha causato le difficoltà che la popolazione ha dovuto patire. Ma è stato inevitabile. Anzi quando il Mes è arrivato ha reso l’aggiustamento più facile, perché i prestiti avevano scadenze lunghe e interessi bassi, e credo che ora se ne vedano i risultati positivi”.
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A Regling viene chiesto se è il caso di spendere subito tutti i 410 miliardi previsti per il Mes. In un primo momento sembrava che ne sarebbero stati investiti 270, ma il direttore generale non si sbilancia: “L’ultima parola è dei ministri finanziari dell’area euro, al momento però mi pare corretto da parte nostra offrire 240 miliardi. Fa parte di un insieme concordato dall’Eurogruppo che vale fino a circa 500 miliardi, o il 4% del Pil dell’area euro. Ora siamo nella prima fase della crisi, ma sappiamo che ci sarà una seconda fase molto importante, quella della ripresa, che sarà lunga e costosa. Per allora avremo bisogno di quantità di denaro importanti e dobbiamo iniziare a vedere come le varie istituzioni possono contribuire. Cosa può fare la Banca europea degli investimenti, cosa può fare la Commissione con il bilancio europeo”.