Ennesimo femminicidio, questa volta in provincia di Milano: Alessandra Cità è stata massacrata dal compagno, che lei stava ospitando per la quarantena.
Uccisa con un fucile a pompa: un colpo alla testa. Una morte atroce ed inattesa, quella di Alessandra Cità, 47enne di origini siciliane e residente ad Albignano, frazione di Truccazzano. Siamo nella provincia di Milano: a massacrarla è stato il compagno, Antonio Vena, coetaneo e legato alla donna da 9 anni. Era un rapporto a distanza, il loro: Alessandra viveva nel milanese, era dipendente dell’ Atm (Azienda Trasporti Milanes) e guidava il tram numero 27. Il compagno invece viveva e lavorava a Bressanone, provincia di Bolzano. Meccanico, aveva precedenti penali. La coppia gestiva una relazione a distanza: Antonio Vena raggiungeva la donna tutti i fine settimana. Da due settimane circa però l’uomo viveva nella casa di lei, per trascorrere insieme la quarantena.
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All’arrivo dei carabinieri l’assassino è apparso lucido nella ricostruzione: ha raccontato di essere geloso, e di aver trasformato questo pensiero in una ossessione. Ieri notte, durante un litigio, avrebbe afferrato il fucile a pompa sparando alla compagna. Una ipotesi di indagine è proprio quella della convivenza forzata imposta dalla quarantena: forse la causa dell’esplosione di follia omicida dell’uomo. L’idea che si possa essere trattato di un raptus potrebbe venire confermata dall’assenza di denunce sporte dalla donna o segnalazioni di violenze pregresse. Il fucile a pompa calibro 12 – rinvenuto sul luogo del delitto – è stato sequestrato: la donna aveva un regolare porto d’armi ma i carabinieri non escludono che l’arma potesse appartenere ad Antonio Vena . L’uomo si trova in caserma: è stato interrogato dal pm Giovanni Tarzia, assistito dal suo avvocato d’ufficio. Per ora l’accusa è quella di omicidio. Sarà da valutare la possibilità che fosse premeditato.