Il finanziere-scrittore Guido Brera a Fanpage dopo aver pubblicato il romanzo “La fine del tempo”. “Questo virus è la nemesi della globalizzazione, che ha mandato la natura in tilt. Sarà molto di più di una recessione”
Negli ultimi due libri il finanziere-scrittore Guido Brera ha provato a spiegare la finanza dall’interno e raccontato il potere biopolitico di incidere sulla vita di miliardi di persone con un semplice clic, compra o vendi. Il coronavirus ha portato un crack profondo, un qualcosa di non etichettabile con la parola recessione. Secondo lo scrittore è qualcosa di peggiore, un black out assoluto che cambierà piani, scenari e stili di vita. “Abbiamo costruito – ha spiegato – un modello di sviluppo in cui era buono e giusto sfruttare sino all’ultimo i luoghi dove c’è massimizzazione del profitto, usando tutte le agevolazioni possibili. E poi portare i prodotti di quello sfruttamento in ogni angolo del mondo. Il coronavirus è l’emblema di ciò che avevamo costruito”.
“Nello stesso mondo senza più barriere, oggi ci barrichiamo i casa. Nello stesso modello costruito per massimizzare crescita e profitto oggi si sta generando una crisi economica come non ne abbiamo mai viste prima. E tutto perché? Per un mercato di animali vivi nel bel mezzo di una metropoli globale come Wuhan. Il legame è presto detto. Con la globalizzazione quel mercatino rurale di Wuhan è vicinissimo all’aeroporto Jfk di New York, e altrettanto vicino al pronto soccorso di Codogno. La globalizzazione ha azzerato lo spazio”.
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“Una recessione? Non proprio. Andiamo oltre”
“Questo è un blackout totale, come non è mai avvenuto nella storia dell’economia. E per l’economia è peggio di una guerra. Nessuna guerra produce shock della domanda come una pandemia globale in cui 1,5 miliardi di persone sono costrette a casa. In guerra i bambini vanno a scuola, e hanno occasione per uscire di casa, i teatri sono ancora aperte, puoi andare in chiesa a pregare. C’è una comunità che si raccoglie e che resiste, anche sotto assedio. Qui sei spaesato, sei solo e sei impotente, di fronte a un nemico a cui non riesci nemmeno a dare un volto”.
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Eppure, secondo Brera è il momento di riprendere, non prolungando ulteriormente le chiusure. “Io penso si debba riavviare tutto il prima possibile. Che non vuol dire fregarcene dell’epidemia. Sono il primo a essere d’accordo con la necessità di una chiusura totale: non puoi aggiustare una macchina mentre stai guidando. Se il guasto è grave devi fermarti dal meccanico. Però il meccanico dev’essere veloce. E deve darti una macchina che sia in grado di ripartire meglio di prima”.
Non fermarsi, ma anche mettere in chiaro le questioni europee, affinchè si generi un circolo di solidarietà. “Bisogna fare delle politiche fiscali comuni. E dobbiamo chiarire a Irlanda, Olanda e Lussemburgo, che non possono esistere paradisi fiscali nell’Unione Europea. E che l’aiuto che noi chiediamo, per certi versi, è risarcitorio dei soldi che le loro inaccettabili politiche fiscali ci hanno sottratto”.