Coronavirus, a Vigevano, in provincia di Pavia, il matrimonio non si rimanda. Così Stefano Sette e Martina Reale si sono sposati con mascherina e diretta Facebook per amici e parenti che non potevano assistere.
A Vigevano nonostante l’emergenza coronavirus non si rinuncia al matrimonio. Stefano Sette e Martina Reale si sono sposati lo stesso, rispettando tutte le restrizioni del caso, e un dress code un po’ particolare. Mascherina al volto e diretta Facebook per parenti e amici lontani a causa delle misure di distanziamento sociale. I due non si sono arresi all’idea di rimandare il matrimonio, e allora si sono organizzati per “reinventarlo”, come riporta la Provincia pavese.
Stefano ha 21 anni, Martina ne ha 20, e oggi si sarebbero dovuti sposare in sala giunta. Ma la cerimonia è stata bloccata dalle ordinanze anti-Covid-19: ogni tipo di assembramento resta vietato, e non fanno eccezione i matrimoni. Ma il comune ha rilanciato: ha proposto un matrimonio a Palazzo delle Esposizioni. Con qualche clausola: necessaria la mascherina, e ammessi solo i testimoni, uno ciascuno. Martina racconta: “Così ci siamo sposati giovedì perché era il compleanno di mia suocera”. Ma i testimoni non sono stati gli unici ad assistere alla cerimonia. I due hanno creato un gruppo Facebook su cui gli amici hanno potuto seguire la diretta online. Per nonni e genitori, invece, è stata organizzata una chiamata via Whatsapp.
Quello svoltosi a Vigevano è un matrimonio civile, organizzato comunque con il favore e la disponibilità del comune. Ma proprio ieri anche il Papa ha lanciato un primo appello. Papa Francesco è tornato a parlare dell’emergenza sanitaria e delle restrizioni governative che hanno toccato tutti, anche la Chiesa. Il Pontefice ha spiegato: quello che stiamo vivendo è pericoloso. Nonostante queste modalità a distanza siano legate a un momento difficile, non è possibile viralizzare la Chiesa, i sacramenti, il popolo. E ancora: “E’vero che in questo momento occorre celebrare a distanza ma per uscire dal tunnel, non per rimanere così perché la Chiesa è familiarità concreta con il popolo. Questa non è la Chiesa, è una Chiesa in una situazione difficile“. Bene dunque un adeguamento durante un periodo di crisi, ma è importante ricordarsi che non c’è religiosità senza familiarità, e non c’è familiarità senza comunità. “La familiarità degli apostoli con il Signore sempre era comunitaria, sempre era a tavola, segno della comunità. Sempre era con il Sacramento, con il pane. Questa familiarità senza comunità, senza Chiesa, senza i sacramenti, è pericolosa, può diventare una familiarità gnostica, staccata dal popolo di Dio”.
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