Lo scrittore cileno Luis Sepúlveda è morto a 70 anni a Oviedo, in Spagna, dov’era ricoverato da fine febbraio per Covid-19. Celebre scrittore, autore di immortali capolavori della letteratura mondiale, è stato anche regista di due film.
Ci ha lasciato oggi una delle più grandi figure della letterature del ‘900, lo scrittore cileno Luis Sepúlveda, morto a 70 anni all’ospedale di Oviedo, in Spagna, dov’era ricoverato da fine febbraio per Covid-19. Importantissimo scrittore dalla vita incredibile, ricca di avvenimenti e colpi di scena, è stato anche regista cinematografico.
Il debutto alla regia per Luis Sepúlveda arriva nel 2002 con il film Nowhere, descritto dallo stesso autore come “un apologo sulla libertà e sulla dignità umana”. Così lo scrittore si affaccia sul mondo del cinema mettendo in scena la storia di cinque presunti dissidenti cileni tenuti prigionieri in un luogo quasi metafisico, protagonisti di una vicenda dolorosa ma che ha tutti i connotati di una favola, di un’allegoria calata in quel contesto di realismo magico che da sempre contraddistingue gran parte della letteratura latino-americana, dissolvendo i più sicuri riferimenti spazio-temporali. La storia è una delle sue. In un Paese sudamericano, negli anni Ottanta, imperversa il canonico dittatore, che come deterrente alla solita situazione dei desaparedidos sceglie di adottare una mossa mediatica che lo metta al riparo. Per questo fa rapire cinque uomini, suoi nemici politici (divisi per categorie proprio come i personaggi di una favola moderna: un omosessuale, uno studente, un barbiere, un operaio e un professore), e poi liberarli. Ma il piano funziona solo a metà. I bastoni fra le ruote vengono messi da Harvey Keitel, che ha intuito tutto. I dissidenti torneranno liberi, ma secondo un altro piano.
Il secondo film, Corazonverde, premiato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2013, racconta la Patagonia controllata dalle grandi industrie e devastata da gente senza scrupoli che non ha nessun rispetto per l’ambiente o per le popolazioni indigene di quei luoghi considerati esclusivamente come fonte di guadagno e ricchezza. Nel documentario si parla di una grande multinazionale che produce alluminio (la seconda del mondo) che intende aprire in Patagona una fabbrica. Luis Sepùlveda e Diego Meza intervistano gli indigeni del posto sull’impossibilità di coniugare globalizzazione e la necessità di una vita decorosa.
“Era una persona bellissima, solare, empatica, amava le persone”. È così che Enzo D’Alò, il regista del film La gabbianella e il gatto, ricorda lo scrittore che scrisse la favola. “La scrittura era la sua vita. Ho avuto il privilegio di essere suo amico per 25 anni e la notizia della sua morte mi addolora moltissimo. Aveva combattuto il suo passato tragico, quello che successe alla moglie di cui era troppo doloroso parlare, gli arresti durante la dittatura di Pinochet e oggi si arrende a questo virus maledetto”. Il regista ha così raccontato anche il loro primo incontro: “Avevamo preso i diritti cinematografici di Storia della Gabbianella e del Gatto che le insegnò a volare, era metà anni ’90 più o meno. Lui ne era felice, ci siamo scambiati opinioni, confrontati su tutto prima delle riprese e poi amava venire a vedere come procedeva la lavorazione. Il film del 1998 si rivelò un successo clamoroso, record di incassi per l’animazione italiana da sempre lontana anni luce dai numeri americani.
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