Coronavirus, il sindacato di Polizia: “Rischio focolaio in carcere di Bari”

La Asl di Bari ha ricevuto una lettera dalla segreteria pugliese dell’Osapp per segnalare “l’inopportuna decisione di rientro” al lavoro da parte del personale del carcere.

(Photo Getty Images)

Le questioni carceri ai tempi del Covid-19, torna a riproporsi. Questa mattina il sindacato autonomo di Polizia penitenziaria a fatto sentire la sua voce attraverso l’invio di una lettera alla Asl di Bari, dove segnala la “inopportuna decisione di rientro” da parte del personale a lavorare in carcere, in quanto “che ha avuto contatto con un detenuto risultato positivo al Covid-19”.

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Nella nota inviata per conoscenza al presidente della regione, Michele Emiliano, al dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e alla direzione del carcere di Bari, il sindacato esplicitamente ha chiesto:”I motivi il personale di Polizia penitenziaria di Bari ha continuato  prestare servizio a contatto con la popolazione detenuta, circolando liberamente e con rientro nei propri nuclei familiari e senza ulteriori accorgimenti. Non vorremmo che gli istituti penitenziari con queste decisioni fuorvianti possano diventare possibili focolai di contagio quali comunità chiuse, come lo sono state le Rsa”.

Il problema del sovraffollamento del penitenziario della città pugliese è noto: ha una capienza di 299 e contiene ben 420 detenuti. Per fortuna ci sono stati pochi casi positivi al Coronavirus. Per far fronte all’emergenza, i nuovi carcerati sono sottoposti a controlli presso l’area esterna di triage. I controlli includono anche il personale, agenti di polizia penitenziaria, educatori e amministrativi. Sono tutti muniti di mascherine, e vengono sottoposti a misurazione della temperatura ogni volta che entrano.

In un primo momento erano state sospese le visite familiari e con i difensori e qui è intervenuta la direttrice Valeria Pirè, che ha organizzato e disposto i colloqui via Skype. Un’iniziativa andata a buon fine. La stessa ha commentato:”Nei prossimi giorni aumenteremo le possibilità di colloqui, attualmente limitati ad una volta a settimana per ciascun detenuto. Vedendoli parlare da remoto con le famiglie ci siamo commossi anche noi, perché in quegli schermi tornano a vedere il loro cane, le loro case, come è stato ristrutturato il bagno. Certo il contatto fisico e umano è diverso, ma in questo momento non sarebbe comunque possibile”.

 

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