Nessun altro regista nella storia del cinema ha legato il proprio successo internazionale al racconto di una sola tipologia umana come ha fatto Tim Burton, mettendo in scena freaks (alieni, morti, animali) che sono sempre migliori del resto del mondo che li circonda.
Se c’è una frase assolutamente vera che vale per il cinema di Tim Burton e per pochissimi altri è che i suoi film sono i suoi protagonisti, mettendo sempre in scena uno scontro inevitabile tra un certo tipo di persona e la società (generalmente cattiva nei suoi confronti) che lo circonda. I personaggi di Burton sono sempre emblematici della fatica di integrarsi in un contesto che è violento nei riguardi di chi non aderisce ai suoi modelli. Ecco quali sono i cinque personaggi più iconici del suo cinema.
La Sposa Cadavere lavora su di un concetto molto semplice: il mondo di superficie, quello dei vivi, è uggioso ed infelice, colorato in una scala di grigi e dominato da regole ingiuste difficili da sopportare. Al contrario, invece, il mondo dei morti è colorato, allegro, vitale, un luogo in cui si canta sempre e in cui il personaggio di Victor troverà quella felicità che il mondo dei vivi gli ha sempre negato.
È senza dubbio Tim Burton il regista che (tra i tanti) ha lavorato meglio sul personaggio di Bruce Wayne al cinema, riuscendo a dare una lettura del personaggio lontana dagli stereotipi fumettistici. Come spesso accaduto nella filmografia di Burton, anche in questo caso il film nasce da una operazione su commissione nella quale il regista rivede i suoi temi e riesce ad inserirli in un contesto apparentemente alieno. Bruce Wayne nelle sue mani diventa un bambino cresciuto che si è trincerato nel suo castello, solo e nell’oscurità. Nessuno lo capisce ma vuole fare il bene della società.
Lo spirito di Beetlejuice è un bio-esorcista, ovvero non si occupa di caccia gli spiriti per conto degli umani, ma di cacciare gli umani a favore degli spiriti. Il classico ribaltamento di ruolo per cui i buoni non sono i vivi, ma i fantasmi (come ne La Sposa Cadavere non erano i vivi, ma i morti). Ma Betelgeuse è un emarginato anche nella sua comunità di riferimento. La sua stranezza lo rende persino lontano dai canoni dei fantasmi.
Quello del regista Ed Wood (realmente esistito) è sempre stato un cinema di serie B, anzi di serie Z, ma traboccante di passione, dinamicità, furia, eccitazione per quello che veniva messo in scena. Tim Burton nel suo atipico biopic prende una grandissima di culto del cinema americano e insiste moltissimo sulle sue caratteristiche meno allettanti, facendo di Ed Wood la figura di outsider non necessariamente amabile dal pubblico. È un po’ tonto, fa cose buffe e si traveste, ma il film non sempre lavora per suscitare empatia.
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