Coronavirus, si esprime Salini, a capo di uno dei più grandi gruppi di costruzione di tutta Europa: serve un piano di infrastrutture pubbliche, un New deal imponente e immediato.
Coronavirus, Pietro Salini dice la sua sulla gestione dell’emergenza economica nel Paese post pandemia. La sua proposta è quella di molti: investire nelle infrastrutture pubbliche per garantire un rilancio economico e occupazionale. Così Pietro Salini, a capo di uno dei più grandi gruppi di costruzione europei, in un’intervista al Corriere chiede un vero e proprio New Deal. E lo fa ponendo l’attenzione sulla sicurezza e sulla collaborazione con i sindacati. “Conviene dirci subito come stanno le cose se non ripartono l’economia e la produzione industriale, non riusciremo a mantenere il nostro livello di vita, i nostri stipendi e le nostre pensioni, il welfare e i diritti. Oggi c’è in gioco non solo il nostro presente, ma anche il nostro futuro e quello dei nostri figli”.
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Necessario quindi ripartire, prima che sia troppo tardi. Per farlo serve un’azione a lungo termine e immediata da parte del governo. “Dobbiamo muoverci in fretta pensando a un piano a breve e un piano a lungo termine, un New deal coordinato con tutte le forze in campo, politiche, imprenditoriali, sociali”. Serve la massima coordinazione di tutti gli enti in campo. Ma da dove iniziare? “Una parte di questo ampio disegno è rappresentato da un programma di infrastrutture pubbliche per far ripartire il Paese, salvare l’occupazione, mantenere in vita migliaia di piccole imprese”.
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Salini ribadisce l’importanza non solo di ripartire, ma di farlo attraverso le infrastrutture, e poi spiega come farlo. “Si dovrebbe partire da un grande piano per le infrastrutture per il breve termine e uno per il prossimo decennio, che guardi al 2030. Ci sono 36 miliardi di euro di risorse ferme. Si rimuovano gli ostacoli burocratici, e si avviino i progetti. E contemporaneamente si creino nel sistema meccanismi per anticipare i pagamenti delle fatture, favorire l’indebitamento delle imprese, spostare le scadenze fiscali e contributive e immettere reale liquidità nel sistema per mantenere in vita tutta la filiera”. Sono necessarie, ribadisce Salini, misure volte a fornire liquidità e ad alleggerire la macchina burocratica. Poi specifica: la pandemia avrà effetti dirompenti. Per questo è fondamentale agire con tempestività.
“E’ necessario dare immediata risposta per la ripresa del lavoro. Nei cantieri noi siamo già ripartiti, o in alcuni casi non ci siamo mai fermati. Il nemico che abbiamo dietro l’angolo è la disoccupazione, un impoverimento senza precedenti qualora riducessimo pesantemente il Pil e perdessimo ampie quote di mercato. Questa è una crisi che non si risolve solo attraverso nuovo debito. Questa è una chiamata alle armi“.
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A confermare il grande impulso che uno sblocco delle infrastrutture potrebbe dare al sistema economico del Paese, alcuni dati. Al momento sarebbero circa 50.000, secondo alcune stime, i posti di lavoro che si verrebbero a creare già solo da un semplice sblocco di opere attualmente ferme. Si tratta di un numero altissimo, poco meno del 10% di tutti i posti di lavoro persi dal settore delle costruzioni negli ultimi dieci anni. Le principali opere bloccate in tutta Italia valgono, secondo alcune stime, 55,5 miliardi di euro. Tra questi sono ben 47,8 i miliardi già finanziati, la cui erogazione è stata bloccata, in attesa di autorizzazione. Va da sé che i soldi mancanti, quelli che andrebbero iniettati attraverso un piano di investimenti, sono 7,7 miliardi e riguardano poche infrastrutture strategiche.