Mission: Impossible – Fallout, sesto film della serie che vede protagonista Tom Cruise nei panni dell’agente Ethan Hunt, è disponibile da domenica 12 aprile in streaming sulla piattaforma Netflix. Ecco perché non perderselo.
Mission: Impossible – Fallout è il migliore dei film della saga con Tom Cruise. E da domenica 12 aprile è disponibile in streaming sulla piattaforma Netflix. Il franchise, che era stato avviato da un veterano come Brian De Palma (che però rifiutò di dirigere altri sequel), ha trovato in Christopher McQuarrie il vero autore capace di dargli un senso ultimo e di portarlo verso nuove vette (ma è vero anche il contrario, cioè che McQuarrie ha trovato nella serie un veicolo perfetto per dimostrare le sue abilità).
Se già il precedente capitolo Rogue Nation aveva raggiunto un grado di complessità inedita per la serie, Fallout è stato il film che ha definitivamente alzato l’asticella, grazie all’incredibile capacità di McQuarrie non solo di scrivere ed immaginare sequenze d’azione invettive e potenti, ma anche di unirle in un unico flusso che non le riveli per quello che in realtà sono: espedienti meccanici per portare avanti il film. Fallout riesce a fare tutto questo mettendo per la prima volta il personaggio di Ethan Hunt in uno stato confusionale che lo spettatore scopre già nel prologo, quando l’agente si risveglia bruscamente da un sogno prima di cominciare una missione. Ethan si addormenta spesso e sogna molto perché stremato. E proprio la stanchezza, il peso e la fatica sono gli elementi principali di un sesto capitolo che ribalta completamente l’idea che il pubblico si era fatto di un personaggio sempre davanti agli eventi.
Se ciò che vediamo su schermo ci può apparire convenzionale per un film della saga di Mission: Impossible, la musica e la recitazione di Tom Cruise ci suggeriscono invece che stavolta qualcosa è diverso, comunicano uno costante mancanza di lucidità. Nei film di spie è il pubblico, solitamente, quello confuso. In Fallout è il personaggio principale ad agire spesso a caso, in alcuni casi ammettendolo apertamente. C’è così tanta difficoltà e così tanto affaticamento, che anche i soliti sguardi languidi che Hunt lancia alle donne che lo circondano non possono che apparire genuinamente romantici per un uomo così vessato dal proprio lavoro e dalle vicissitudini in cui è coinvolto. Ma è un romanticismo che non ha nulla a che vedere con la sete di conquista (presente nei precedenti capitoli) ma con un disperato tentativo di elemosinare affetto.
McQuarrie dimostra con Fallout di concepire l’azione non solo come gioia del movimento e perfezione del mestiere, ma anche come strumento per creare immagini visivamente memorabili ed immediatamente iconiche (l’inseguimento in elicottero ripreso dalla prospettiva dell’inseguito, ad esempio). Non a caso McQuarrie nasce come sceneggiatore. E scrivere non vuol dire solo pensare ai dialoghi, ma concepire ogni scene ed usarla per far avanzare la narrazione. Tutto quello che conta in Mission: Impossibile – Fallout avviene o viene detto durante una scena d’azione e mai in altri momenti.
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