Trent’anni fa andava in onda il primo storico episodio di Twin Peaks, la serie creata da David Lynch e Mark Frost che ha cambiato definitivamente la percezione che si ha del mezzo televisivo e delle serie tv.
Trent’anni fa debuttava sul canale Abc la serie Twin Peaks, creata da David Lynch e Mark Frost. Negli anni è cambiato molto lo stile di Lynch, come testimonia anche la terza stagione arrivata a distanza di ventisette anni dalla prima, ma del resto anche la televisione è cambiata molto. Ed è cambiata anche grazie a Twin Peaks, che ha sconvolto la percezione che si aveva del mezzo televisivo, dimostrando le reali potenzialità della serie tv.
Come per tutte le opere lynchane, anche per afferrare davvero il senso ultimo di Twin Peaks bisogna immergersi in “acque profonde” (per usare una similitudine cara al cineasta) per comprendere davvero quello che si nasconde tra le pieghe di quella tenda rossa che anche a distanza di anni continua a celare misteri ed interrogativi. E come qualsiasi immersione, richiede tempo e preparazione. A distanza di tre decenni rimane straordinaria la capacità di Lynch di rendere inquietanti anche le sequenze apparentemente più quiete, non solo attraverso gli sguardi quasi assenti dei quei freaks che ha sempre amato mettere in scena dai tempi di Eraserhead e The Elephant Man, ma anche posizionando la macchina da presa nelle collocazioni meno usuali, nascondendola addirittura tra gli alberi come a voler spiare i personaggi. Si ha sempre la sensazione di osservare qualcuno o qualcosa che non debba essere osservato, come se si sia sempre spettatori non autorizzati di misteri che andrebbero tenuti nascosti alla vista.
La serie di David Lynch faceva quello che nessun altro prodotto concepito per la televisione aveva mai fatto prima. Gli spettatori scoprirono un utilizzo completamente inedito del minutaggio concesso dalla serialità, che ne stravolgeva definitivamente i tempi ed i ritmi, emancipandosi dalla necessità di utilizzare ogni scena per portare avanti la trama. Twin Peaks non aderiva ai canoni più convenzionali del mezzo e si permetteva di abbandonare alcuni personaggi per puntate intere, per poi riprendere le loro storie, anche solo per qualche istante, quando meno ce lo si aspettava.
Nel 1992, dopo la fine della serie televisiva e dopo tutte le vicissitudini che portarono alla sua conclusione (almeno fino al Ritorno del 2017) con la seconda stagione, Lynch firmò un lungometraggio prequel presentato in concorso alla 45esima edizione del Festival di Cannes. Il film fu accolto dal Festival con disapprovazione da parte del pubblico e ricevette recensioni unanimemente negative. Ma proprio con la terza stagione della serie, Lynch sembrò quasi volersi vendicare con chi in passato lo aveva deriso e ostracizzato. Non a caso, quindi, Twin Peaks – Il Ritorno teneva in grande considerazione il fischiatissimo Fuoco cammina con me, non solo nelle atmosfere ma anche e soprattutto negli snodi di sceneggiatura (facendo diventare quel prequel cinematografico un’opera essenziale per comprendere la nuova storia). Per presentare i primi episodi della terza stagione Lynch tornò a Cannes, sul luogo del delitto, dove però stavolta ricevette una commovente standing ovation.
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