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Cronaca

Habitat distrutti: il Coronavirus è anche colpa dell’uomo? Lo rivela uno studio

Un nuovo studio portato a termine da alcuni ricercatori dimostra come lo sviluppo e la diffusione violenta delle pandemie – compresa dunque quella di coronavirus – siano da rintracciare anche nella distruzione degli habitat naturali degli animali da parte dell’uomo.

Mercato di animali esotici in Cina – foto via Financial Times

Per quanto la natura possa essere imprevedibile e incontrollabile, molte delle volte – e ce ne stiamo rendendo realmente conto soprattutto in questo ultimo periodo – molte delle problematiche che si riversano sull’uomo sono in parte dovute alla sua azione stessa sul mondo che lo circonda.

Secondo quanto riportato da un gruppo di ricercatori, sembra infatti che lo sfruttamento della natura attraverso attività come la caccia, i commerci, la degradazione degli habitat e l’urbanizzazione, favorisca sensibilmente il contatto tra l’uomo e gli animali selvatici. Un contatto che può di conseguenza aumentare il rischio del cosiddetto “spillover”, ovvero di quel balzo di specie, del passaggio all’uomo dei virus. E questo, in effetti, è riscontrabile anche quando si parla del Sars-Cov-2, del nuovo coronavirus.

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Lo studio: l’uomo contribuisce alla diffusione delle pandemie

Lo studio è stato portato avanti da un gruppo di ricercatori della UC Davis School of Veterinary Medicine, ed è stato di recente pubblicato sull’ultimo numero della rivista, online e cartacea, di Proceedings of the Royal Society B.

Secondo quanto viene descritto già all’interno dell‘Introduzione al lavoro dei ricercatori, “l’addomesticamento degli animali, l’invasione umana in quegli habitat ricchi di biodiversità popolati da fauna selvatica, così come la caccia agli animali selvatici, sono stati proposti come attività antropogeniche chiave che guidano la comparsa di malattie infettive su scala globale“. Delle attività, tra l’altro, che già vengono additate e accusate dagli esperti e dalle organizzazioni mondiali come cause di declino della popolazione faunistica nel mondo e, addirittura, di estinzione per alcune specie di animali.

Quanto messo in atto dai ricercatori della UC Davis School of Veterinary Medicine è stato analizzare ben 142 virus sconosciuti che sono passati dagli animali all’uomo e le specie animali implicate. In tal modo, è stato dunque possibile riscontrare un collegamento non indifferente tra l’interferenza umana nel mondo naturale – di stampo distruttivo – e la conseguente diffusione di epidemie.

Mercato di animali selvatici in Cina – foto via National Geographic

In particolare, facendo riferimento e sfruttando la “red list” dello Iucn con le specie più minacciate del pianeta, sono state esaminate la loro abbondanza, il rischio di estinzione e le cause dell’eventuale declino. I dati, sottolinea dunque lo studio, mostrano un trend molto chiaro nelle interazioni tra uomo e animale.

“Valutando sistematicamente i dati pubblicati sulle specie di mammiferi selvatici e su quelli domestici che hanno virus in comune con gli esseri umani, siamo in grado di mostrare che l’abbondanza delle specie e le minacce di estinzione sono correlate al numero di virus condivisi con gli esseri umani attraverso le specie di mammiferi, con importanti implicazioni per la comprensione del rischio di diffusione di virus“. Questo, infatti, viene delineato all’interno del lavoro.

E dunque, sempre secondo quanto sottolineato dallo studio, gli animali che sono in via di estinzione a causa della caccia, del commercio e della distruzione del loro habitat naturale, hanno il doppio di probabilità di avere dei virus zoonotici (e cioè che si trasmettono dagli animali all’uomo) rispetto alle altre specie.

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Come spiegato chiaramente da Christine Kreuder Johnson, autrice principale del ricco lavoro, “lo spillover dei virus dagli animali è un risultato diretto delle nostre azioni che coinvolgono gli animali selvaggi e i loro habitat. La conseguenza è che condividono con noi i loro virus. Queste azioni allo stesso tempo minacciano la sopravvivenza delle specie e aumentano il rischio di spillover. In una sfortunata convergenza di molti fattori questo ci porta a situazioni come quella in cui siamo ora”. La pandemia di coronavirus.

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