È finalmente disponibile anche in Italia (in digitale) il film horror The Hunt, rimandato dopo numerose polemiche alimentate anche da Donald Trump in persona, che affermò che il film avrebbe causato caos e “creato violenza”. Ecco la nostra recensione.
Lo scorso anno la Universal annunciò di aver sospeso l’uscita del film The Hunt dopo l’ennesima strage avvenuta negli Stati Uniti. Il film, prodotto dalla Blumhouse, aveva sollevato un enorme polverone in America a causa di una campagna promozionale giudicata troppo spregiudicata. Adesso l’horror diretto da Craig Zobel è finalmente disponibile anche in Italia, dove è arrivato direttamente in digitale saltando l’uscita nelle sale.
Già dal presupposto da cui parte la trama di The Hunt è facile capire perché il film abbia suscitato le ire del partito repubblicano americano: liberal bianchi e milionari rapiscono un gruppo di persone provenienti dalle classi più povere e meno istruite della società americana per dare loro la caccia in un sadico gioco al massacro. Un espediente narrativo ormai ampiamente collaudato che trova una nuova forza nelle mani di due abili sceneggiatori come Nick Cuse e Damon Lindelof, che stavolta giocano tutto sull’ironia e l’autoironia.
Sia i ricchi liberals, sadici ma politicamente corretti, sia i più poveri complottisti di estrema destra americani, vengono ridotti a macchiette e ci si prende gioco di loro. I primi, ad esempio, aggiungeranno un afroamericano al gruppo delle “prede” per rispettare la quota dedicata alle minoranze, mentre i secondi si metteranno costantemente in ridicolo per cercare di sopravvivere.
Ben presto si capisce che il vero elemento di forza del film sta però nel personaggio dell‘ex soldatessa Crystal e nel modo in cui la sua rabbia viene resa su schermo in maniera sempre imprevedibile dall’attrice Betty Gilpin. Attraverso un campionario incredibile di espressioni memorabili e di gesti improvvisati, Gilpin riesce a far appassionare lo spettatore alla sua mimica facciale: il modo in cui viene espresso il proprio sentimento di vendetta è più importante delle ragioni stesse che lo determinano.
È lei quindi la vera star del film. Come raramente accade, in questo caso una sola attrice riesce a tenere in piedi l’interesse per una storia che altrimenti faticherebbe a distinguersi. Le viene dato un personaggio enigmatico, che fin dall’inizio sembra non reagire come gli altri, e lei lavora proprio nel rimarcare questa diversità rispetto ai personaggi che la circondano.
Per il resto The Hunt si rivela un horror molto più innocuo di quanto alcuni potessero temere. Con una generosa dose di sangue versato su schermo, il film di Craig Zobel gioca sulla facile ironia: democratici e repubblicani si insultano utilizzando la stessa terminologia e le stesse locuzioni con cui si insultano sui social e il massacro senza fine messo in scena rimanda metaforicamente alla ferocia del dibattito online. Eppure la sceneggiatura non cerca di mantenere questo secondo livello di lettura accessibile solo allo spettatore più attento, ma lo rimarca e lo ribadisce più volte con fare insistente e, alla fine, inevitabilmente pedante.
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