Coronavirus, pronto il primo test italiano per la patente d’immunità

E’ pronto il primo test italiano per la patente d’immunità messo a punto dal Policlinico San Matteo di Pavia con il gruppo DiaSorin, costa meno di 5 euro: basta un prelievo di sangue e il responso si avrà in un’ora. Possibili 500 mila campioni al giorno.

Basterà un semplice prelievo del sangue, e costerà meno di 5 euro. Sarà il test che darà agli italiani la ‘patente’ di immunità al coronavirus. Ed è un test tutto italiano. Arriva infatti il primo esame del sangue per verificare chi ha sviluppato gli anticorpi al Covid-19. Dopo sei settimane di studi condotti al Policlinico San Matteo di Pavia, la multinazionale di diagnostica DiaSorin è pronta al lancio di un test sierologico costruito in vitro nei loro laboratori di Saluggia (Vercelli) da un team di 50 ricercatori.

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Test seriologico made in Italy, attesa certificazione

L’iter prevede che entro due settimane ci sia la certificazione Ce, poi potranno partire i test sulla popolazione. Il risultato arriva in un’ora. In Italia potranno essere esaminati circa 500.000 campioni al giorno. Dal 1° aprile la National Medical Products Administration (Nmpa), la massima autorità del farmaco cinese, ha divulgato una nota ufficiale con la quale comunica che i test rapidi sierologici, per i quali basta una goccia di sangue ottenuta pungendo un dito con risultato in 15 minuti, non hanno ancora tutti ottenuto una certificazione di validità e sicurezza in Cina: vuol dire che i tanti kit che hanno inondato il mercato fino ad oggi, incluso quello italiano, non sono tutti in grado di indicare chi è entrato in contatto con il virus, e quindi di escludere chi sia contagioso, perché hanno una bassa sensibilità.

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Il test italiano, come funziona

Serve a rilevare chi, dopo aver contratto il virus ed essere considerato guarito perché i due tamponi a distanza di qualche giorno sono negativi, ha sviluppato quegli anticorpi che gli consentiranno di non ammalarsi di nuovo: certifica una patente di immunità. L’esame funziona come un normale prelievo del sangue. I pochi microlitri del liquido ematico vengono inseriti in un macchinario apposta in grado di metterli a contatto con la proteina sintetica costruita nei laboratori DiaSorin utilizzando un pezzo di Sars-Cov-2. Il kit automatizzato verifica il legame fra la proteina e l’anticorpo neutralizzante e lo evidenzia attraverso un segnale luminoso. Il prototipo è stato testato nel laboratorio di virologia del San Matteo di Pavia utilizzando campioni di sangue (anonimi) di 150 pazienti ricoverati nelle varie fasi della malattia: terapia intensiva, malattie infettive, dimessi e guariti.

La fase due dello screening riguarda chi ha contratto il Covid-19, ma non sono mai stati sottoposti al tampone perché asintomatici o con sintomi lievi (sono a milioni). In questi soggetti il test rileva la quantità totale di anticorpi che vengono prodotti in valori diversi fra i 7 e 14 giorni dopo aver contratto l’infezione. Se sono presenti gli anticorpi «killer» il test permette di considerare queste persone immuni, ma non esclude (con le conoscenze attuali) la loro potenziale infettività, che può essere accertata soltanto con due tamponi nasali. Si tratta di persone che stanno bene, ma alle quali sarebbe per prudenza consigliabile restare a casa per 7 giorni. Se, invece, saranno reimmesse a lavoro, altrettanto prudentemente e sempre per una settimana, occorrerà garantire l’obbligo inderogabile della mascherina e il mantenimento del distanziamento sociale.

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