Coronavirus, a Bergamo l’associazione case di riposo denuncia: “Ci hanno impedito di chiudere”. Solo a marzo 600 decessi nei centri per anziani bergamaschi.
Nel nostro Paese il Coronavirus sta mietendo ogni giorno tantissime vittime, per lo più anziani con patologie pregresse. Ma è in Lombardia che il morbo ha scatenato un vero e proprio flagello, in particolare a Bergamo e provincia. Proprio qui, le case di riposo hanno visto la perdita di tantissimi anziani: solo nel marzo scorso nei centri per anziano del bergamasco sono morte 600 persone. La situazione era già critica in questi luoghi prima dell’esplodere del virus, ovviamente con l’arrivo del morbo è peggiorata.
Ma andiamo a ritroso. Il 23 febbraio 2020, quando il Coronavirus raggiunge Alzano, i centri per anziani si allarmano e adottano le prime misure preventive, con la sospensione dei centri diurni. Si tratta di una disposizione più che giusta, vista la situazione. Tuttavia, dato che tale provvedimento non è ancora previsto, l’Ats (Agenzia Tutela Salute) impone ai centri di riaprire.
L’Ats, inoltre, minaccia il ritiro dell’accreditamento alle case di riposo che non si attengono alle suddette disposizioni. Quanto tempo prezioso è stato gettato via? Dopo i primi casi di Covid 19 a Codogno, a partire dal 23 febbraio, la Casa ospitale Aresi di Brignano, ad esempio, decide di sospendere i servizi. Poi, la nota dell’Ats che ordinava la riapertura. È il presidente Marco Ferraro a raccontarlo. “Se non avessimo riaperto avremmo perso la contrattualizzazione per interruzione di pubblico servizio”.
Così è accaduto anche in altre case di riposo. L’Ats, il 24 febbraio, aveva quindi disposto che i centri per anziani restassero in funzione ma per accedere bisognava utilizzare dispositivi di protezione individuale. È poi il presidente dell’Associazione case di riposo bergamasche, il 29 febbraio, a chiedere di nuovo la chiusura dei centri: “La nostra richiesta è stata presa in considerazione e immediatamente girata in Regione, dove è stata respinta. A quel punto l’Ats si è attenuta alle regole e anche noi”. E conclude che, col senno di poi, “avremmo dovuto ignorare quelle disposizioni e chiudere tutto. I centri diurni con il loro via vai sono stati concausa del contagio“.
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