L’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) ha messo a disposizione le unità di calcolo che hanno portato alla scoperta del bosone di Higgs per trovare farmaci e combattere la pandemia di Coronavirus.
L’Istituto nazionale di fisica nucleare ha deciso di scendere in campo mettendo a disposizione le sue tecnologie contro il Coronavirus. Potenze di calcolo e complessi codici numerici di simulazione e di analisi, che hanno permesso nel 2012 di scoprire il bosone di Higgs, sono stati destinati alla Sybilla Biotech, uno spin-off della stessa Infn e dell’università di Trento e Perugia per studiare uno dei bersagli del virus: il recettore Ace2 delle cellule del sistema respiratorio.
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Il direttore del Centro di calcolo nazionale dell’Infn (Cnaf),
Gaetano Maron, ha raccontato: “abbiamo messo a disposizione di Sibylla Biotech tutta la nostra esperienza nel gestire grandi potenze di calcolo e complessi codici numerici sia di simulazione sia di analisi dati, quella, per intenderci, che ci ha permesso di scoprire nel 2012 il bosone di Higgs“.
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La potenza messa a disposizione è di circa 30 mila unità di calcolo che lavorano in parallelo, che equivale alle unità che sono utilizzate solitamente per lavorare sui dati prodotti dal più importante acceleratore del mondo:il Large Hadron Collider (Lhc) del Cern di Ginevra. L’idea è di individuare prima possibile un modo per impedire ai batteri del Coronavirus di attaccare le cellule umane.
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“È un esempio di quello che oggi è chiamato ‘Urgent Computing’, la possibilità di orientare in brevissimo tempo la potenza di calcolo di un sistema a un singolo scopo, applicato qui a un caso reale di emergenza planetaria“, ha aggiunto il direttore Maron.
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La ricerca ha l’obiettivo di fermare il virus prima che faccia ingresso nelle cellule. Neutralizzando la proteina Spike, infatti, si dovrebbe impedire l’ingresso nel sistema respiratorio. Lo studio analizza il comportamento delle proteine in modo innovativo e in tempi più brevi ed è alla ricerca di molecole capaci di interferire con il recettore Ace2 per inibire l’ingresso del virus nelle cellule. I risultati delle ricerche saranno messi a disposizione della comunità scientifica internazionale, in modo da poterli utilizzare sia in ambito accademico che in campo industriale.