Igualada come Bergamo E il sindaco chiama Giorgio Gori. La cittadina della Catalogna ha un indice di mortalità superiore alla Lombardia: 63 morti ogni 100 mila abitanti contro 41,6.
Il coronavirus che accomuna due città. Loro malgrado i sindaci diventano amici in occasione dell’emergenza. Loro malgrado hanno dovuto e devono avere il triste primato di città più contagiata di Italia e Spagna: Bergamo e Igualada. La cittadina della Catalogna, con quasi 40 mila abitanti e una provincia da 70 mila totali, è diventata la sorella di Bergamo, minore di due settimane nella crescita della crisi da Covid-19, ma già con un indice di mortalità superiore alla Lombardia: 63 morti ogni 100 mila abitanti contro 41,6. Anche se nei tristi confronti la Conca d’Òdena guida la classifica mondiale per letalità, come ha calcolato Enric Morist della Croce Rossa della Catalogna. Il sindaco, Marc Castells, dice al quotidiano El Pais: «Bergamo è lo spoiler di ciò che ci è capitato qui; e Igualada lo è per il resto del Paese».
Quando si è accorto che stava vivendo ciò che vedeva solo in tv a mille chilometri di distanza, Castells ha chiamato Giorgio Gori, il suo omologo bergamasco, “per evitare gli stessi errori e copiare ciò che è stato fatto bene”. La collaborazione italo-catalana in videoconferenza sta funzionando meglio di quella tra Madrid e Barcellona, in perenne contrasto su come, dove e quando agire, tra prove di forza e possibili giochi di potere. Igualada, capoluogo della comarca di Anoi, gemellato con Lecco da 30 anni, è un comune molto più piccolo di Bergamo, che ha tre volte i suoi abitanti, ma è altrettanto laborioso. Con una trentina di aziende nel settore, è la capitale delle concerie, a 50 minuti d’auto da Barcellona. E’ città fantasma da diciotto giorni con gli altri paesi della Conca ed è stata la prima zona rossa spagnola: da allora continua a vivere nella sua solitudine, ai numeri dei morti all’ospedale, ormai 61, e dei contagiati, 533 (di cui 152 tra il personale sanitario),oggi si sono aggiunti i nomi di conoscenti, vicini, amici e famigliari.
Il sindaco ha chiesto uno stock di 70 mila tamponi, vuole uno screening a tappeto, ma i tamponi non ci sono, e la priorità per i test spetta, come ovunque, a chi lavora a contatto dei malati e a chi manifesta sintomi. E non ci sono risposte coerenti al perché proprio in quest’area s’impennano i grafici delle nuove infezioni e delle vittime. Scartata la prima ipotesi, una cena da 80 persone alla fine di febbraio, l’Agenzia per la salute è convinta che i primi casi risalgano ad almeno due settimane prima, ma si siano manifestati in forma lieve e quindi siano passati inosservati. L’attività nelle concerie è proseguita, per la parte che non poteva essere svolta da remoto, e soltanto nelle prossime ore entrerà in vigore la nuova fase decretata dal governo centrale, ossia la chiusura in tutta la Spagna di tutte le produzioni non essenziali. Decisione che la Generalitat reclamava da due settimane. Marc Castells ora segue alla lettera i suggerimenti di Giorgio Gori.
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