Mentre rimane forte l’incertezza sui dati oggettivi che riguardano Wuhan e la provincia dell’Hubei, il coronavirus conferma il suo trend di lento regresso.
In Corea del Sud
“Tendenza sostanzialmente confermata”, dicono le conti ufficiali del ministero della salute pubblica sud coreano che sottolinea come il tasso di guarigione all’interno del paese sia notevolmente cresciuto in una sola settimana arrivando al 52,52%,ma anche come il numero di contagi e decessi di fatto non segni progressi importanti. I casi di contagio fluttuano tra i 100 e i 150 al giorno: erano 146 venerdì, sono scesi a 105 ieri mentre gli ospedali iniziano a riscontrare una situazione un po’ meno drammatica soprattutto reparti di terapia intensiva. I decessi non scendono: 152 quelli registrati ieri, otto in più rispetto a venerdì.
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In Cina
Anche in Cina, mentre il governo centrale sta lanciando una massiccia campagna di informazione su come il paese sta tornando alla normalità sotto l’aspetto della produzione e dell’esportazione – i dati i marzo saranno comunque drammatici, la tendenza è quella delle ultime settimane. Un solo contagiato all’interno del paese, nella provincia dell’Henan. Ben quarantaquattro invece sono le persone che sono rientrate in Cina con i sintomi del virus è questa è diventata adesso la vera emergenza per Pechino che si trova a dover fronteggiare una situazione rischiosa
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I contagi di ritorno
In tutto secondo il ministero della sanità, le cosiddette infezioni di ritorno – cinesi contagiati all’estero che hanno evidenziato i sintomi della malattia una volta rientrati in patria, sono saliti a 693. Secondo la Commissione sanitaria nazionale questo è l’unico vero motivo di preoccupazione soprattutto dopo l’apertura progressiva dell’Hubei e del suo capoluogo Wuhan, focolaio della pandemia. Oggi Wuhan è considerata “area a nuova infezione azzerata”, ovvero non ci sono nuovi contagi. Ma il fatto che sempre più persone tornino in Cina provocando il cosiddetto effetto rebound, è concreto.