Episodi di intolleranza verso i cittadini dello Hubei: la polizia non li fa passare e scatena disordini. Seppure guariti, nessuno li vuole nei propri territori.
I cinesi non vogliono i…cinesi. Martedì il governo ha ufficialmente “liberato” Hubei, la provincia epicentro dell’epidemia, ad eccezione del capoluogo Wuhan. Dopo essere rimasti isolati dal 23 gennaio, chi abita nello Hubei ma vive o lavora in altre province della Cina possono uscire dai confini, purché muniti di un certificato, cartaceo o digitale, in grado di attestare che non sono contagiati. Per gli abitanti della contea di Huangmei, i viaggi sono però complicati; la stazione ferroviaria più vicina infatti si trova oltre il Fiume Azzurro, nella contea di Jiujiang, provincia dello Jiangxi. Per facilitare e controllare questo flusso, scrivono i media locali, le autorità di Jiujiang hanno organizzato delle navette che attraversano il confine. Da qui i disordini.
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Ieri qualcosa non ha funzionato. Secondo alcuni testimoni, che hanno pubblicato video sui social, la polizia di Jiujiang avrebbe creato un posto di blocco all’ingresso del ponte che separa le due province, impedendo alle vetture con targa dello Hubei di passare. E questo avrebbe provocato una reazione dei cittadini e della polizia di Huangmei. Un video mostra centinaia di persone, alcune in divisa e altre in abiti civili, marciare sul ponte gridando: “Hubei! Hubei!”. In altri video un fronte di agenti in tenuta antisommossa, probabilmente di Jiujiang, bloccano con gli scudi la folla, che lancia pietre contro i mezzi della polizia e riesce a rovesciarne uno. I poliziotti delle due parti sarebbero addirittura venuti alle mani, le autorità stanno ora indagando. I video degli scontri, diventati virali sui social media cinesi, hanno provocato un’ondata di indignazione contro le autorità dello Jiangxi, accusate di alimentare il razzismo nei confronti degli abitanti dello Hubei. Nelle scorse settimane i cittadini della provincia bloccati in altre parti del Paese hanno subito episodi di discriminazione da parte dei “locali”. E anche ora che il contagio è stato di fatto contenuto gli altri cinesi continuano a guardarli con sospetto e paura. Ad alcuni di loro che in questi giorni sono riusciti a tornare nelle città dove lavorano è stato impedito di rientrare nelle proprie abitazioni.