Maurizio Casasco, presidente della Confapi, l’associazione delle piccole imprese, ha rilasciato un’intervista a Repubblica in cui afferma che è necessario chiudere tutte le attività non essenziali.
Maurizio Casasco, Presidente della Confapi, l’associazione delle piccole imprese, ha rilasciato un’intervista a Repubblica. In questa, ha dichiarato che in questo momento storico così difficile per il nostro paese, si può benissimo accettare il fatto di chiudere, per sette o dieci giorni, tutte le attività non essenziali. Naturalmente ha poi precisato che vi deve essere l’eccezione per quelle che forniscono beni o servizi essenziali.
Secondo il presidente di Confapi infatti “lo facciamo ad agosto, possiamo benissimo farlo per fronteggiare questa emergenza sanitaria”. Casasco è inoltre amministratore delegato della Cds, un’impresa di Brescia che lavora nel comparto della diagnostica strumentale. Il giornalista gli ha poi mosso l’obiezione che chiudere adesso, può significare la fine per molte piccole imprese. Casasco ha risposto che “in questo momento la priorità è contenere il contagio del virus. Possono restare aperte solo le attività essenziali, l’alimentare, la farmaceutica e la manutenzione direttamente collegata”
Quali sono le imprese e i settori ancora in attività
Per Casasco dunque, in questo delicata fase storica non c’è alternativa, bisogna chiudere tutte le attività non essenziali. Al momento infatti, dopo il nuovo decreto emanato dal governo nella giornata di lunedì, a diversi settori è stato consentito di restare aperti.
Anche se va detto che questi, dovrebbero rientrare nella categoria della produzione di beni e servizi essenziali. Stanno infatti continuando a rimanere aperti il settore dei trasporti pubblici e privati, le filiere agroalimentari e zootecniche. Oltre a questi, anche i comparti alimentari, farmaceutici e il settore biomedicale. Il settore tessile è stato chiuso quasi del tutto. L’unica eccezione riguarda i comparti che si occupano di produrre indumenti e vestiti destinati ad uso lavorativo. Anche alle filiere di produzione di gomma, prodotti chimici e materie plastiche è stato concesso di continuare la produzione. Così come sono restate fuori dal decreto le raffinerie petrolifere, le industrie che producono carta, e quelle che si occupano della produzione di forniture mediche.
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Stesso discorso anche per le attività legate all’idraulica, all’installazione di impianti elettrici e di riscaldamento e le imprese che si occupano di gestione fognaria e raccolta dei rifiuti. Anche banche, poste, assicurazioni, edicole e tabaccherie rimangono tuttora aperte.