Per loro è previsto un tampone ogni 15 giorni. La Regione Emilia Romagna distingue anche tre scenari. Tutto in base alle diverse priorità di screening.
La situazione del Coronavirus in alcune regioni in Italia ha aperto una profonda emergenza sul piano sanitario. In particolare, complice l’ampio numero di persone ricoverate – comprese quelle in terapia intensiva – si è svelato un vuoto in termini di personale. Ecco allora che si è corso ai ripari per cercare di ampliare le rotazioni dei medici e del personale sanitario. Ad esempio, il bando che voleva portare 300 medici volontari ha visto una grande risposta, con quasi 8mila domande. E anche l’Emilia Romagna ha deciso di prendere in mano la situazione.
La direttiva promulgata dalla regione Emilia Romagna è stata emessa nei confronti di tutti gli ospedali. In essa si legge che i medici positivi al Coronavirus, ma asintomatici, possono tornare al lavoro. Ovviamente questo provvedimento riguarda solo quei medici e assistenti sanitari disposti a tornare su base volontaria. Il nuovo provvedimento preso dalla regione emiliano-romagnola serve in particolare per rendere più ampia la rotazione dei medici nelle strutture ospedaliere pubbliche. Anche perchè non si abbassa più di tanto il numero di persone ricoverate.
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La regione Emilia Romagna prevede tamponi per tutti i medici operativi, con screening periodici ogni 15 giorni. Ciò è previsto, come si legge nella nota “al fine di definire le dimensioni delle forze lavoro in campo, nell’ottica di proporre, su base volontaristica, la ripresa del lavoro ai soggetti positivi ma asintomatici“. La nota diffusa dalla regione è stata elaborata d’intesa con l’assessore alle Politiche per la salute, prevede una modulazione differenziata dell’effettuazione dei tamponi al personale sanitario, sia per numero che per tempi, a seconda che siano in zone ad elevata, moderata o massima diffusione del virus.
Sempre nella direttiva si legge che la logica “è quindi quella di definire diversamente da area ad area, da situazione epidemiologica a situazione epidemiologica, le priorità per l’utilizzo dello screening virologico”. La suddetta suddivisione avviene attraverso tre divesi scenari. Ci saranno zone di penetrazione massimale (Piacenza, parma, Reggio Emilia, Rimini), zone di penetrazione elevata (Modena, Bologna) e infine zone di penetrazione contenuta (Ferrara, Ravenna, Forlì).
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Anche nelle aree di penetrazione elevata bisognerà sottoporre, come si legge nella nota, “a screening periodico gli operatori sanitari operanti in aree Covid-19 mediante diagnosi diretta, al fine di identificare coorti di operatori sanitari asintomatici idonee a mantenere l’attività lavorativa“. Nelle aree di penetrazione moderata, invece, “verrà sottoposto il tampone per screening agli “operatori sanitari esposti a pazienti con infezione diagnosticata al fine di definire l’entità della diffusione verticale (da paziente ad operatore) finalizzata a mantenere la maggior parte degli operatori sanitari Covid-free e a porre in quarantena gli eventuali contagiati per evitare la diffusione inter-operatori“.