Alle problematiche del coronavirus si aggiungono fattori esterni di notevole impatto sui mercati che potrebbero costare metà del Pil del Continente Africa
L’Africa si appresta a vivere un grave periodo di recessione dovuto al coronavirus e non solo. Molti fattori, che si intrecciano fra loro, contribuiranno a un calo della crescita. Alle problematiche endemiche, come la povertà, la corruzione, si aggiungono fattori esterni di notevole impatto sui mercati: shock del prezzo del petrolio, coronavirus che porta con sé un calo della domanda turistica e, non ultimo, l’invasione delle locuste nel Corno d’Africa che sta mettendo in ginocchio intere popolazioni già provate dall’insicurezza alimentare.
Come ricostruito da Agi, benché sia ancora prematuro tracciare bilanci, la Commissione economica delle Nazioni unite per l’Africa (Uneca) ha reso pubblico uno studio in cui prova a stimare l’impatto economico sul continente della crisi legata al coronavirus.
“L’Africa – si legge – potrebbe perdere la metà del suo Pil con una crescita che potrebbe passare da un’iniziale stima del 3,2% a circa il 2% a causa di una serie di ragioni che includono l’interruzione delle catene di approvvigionamento globali”, Le parole sono della segretaria esecutiva di Uneca, Vera Songwe, aggiungendo che l’interconnessione del continente alle economie colpite di Unione Europea, Cina e Stati Uniti stanno causando effetti a catena.
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I problemi potrebbero accentuarsi durante l’estate
Secondo le previsioni, il continente avrà bisogno di un aumento imprevisto della spesa sanitaria fino a 10,6 miliardi di dollari per ridurre la diffusione del virus, mentre dall’altro lato le perdite di entrate potrebbero portare a un debito in molti casi non sostenibile. Tra i settori maggiormente colpiti ci saranno quello degli idrocarburi, il turismo e il flusso delle rimesse.
Alla crisi del coronavirus, si somma lo shock del prezzo del petrolio. Un calo considerevole, come ricostruito nelle ultime settimane. Tutto ciò rischia di mettere in ginocchio l’economia di molti Paesi che sono legati a doppio filo alle esportazioni di materie prime e che non hanno saputo investire – negli anni in cui il barile è arrivato a superare i 110 dollari – in una diversificazione economica che mettesse al riparo da shock esterni. E sono molti i Paesi che dipendono – quasi esclusivamente – dal greggio o da altre materie prime. Fattori che non possono essere sottovalutati anche a medio termine.
Ad esempio, una colonna portante dell’economia africana, la Nigeria, si basa sulle esportazioni di petrolio. Paese che già nel 2016 ha subito un shock per il calo delle quotazioni del greggio. Crescita tornata positiva nel 2017 e tra il 2018 e il 2019 è stata trascinata dai settori dell’informatica e delle comunicazioni. Ora il pericolo recessione è molto vicino. Secondo gli esperti, un riscontro forte verrà avvertito dai primi mesi dell’estate.