Coronavirus e carceri: I dispositivi previsti anche dal decreto Bonafede sono solo 2.500. E non possono entrare in funzione tutti insieme, ma solo 200-300 a settimana. Addio ai domiciliari promessi dal Governo?
Come dire: mai fare i conti senza l’oste. Se non fosse che il problema è serio, verrebbe da sorridere. Dopo la promessa del Governo di svuotare le carceri a causa dell’emergenza coronavirus e con tanto di decreto legge, oggi è arrivata la fredda risposta del Csm: aver condizionato la detenzione domiciliare all’utilizzo dei braccialetti elettronici, di fatto indisponibili, contribuirà significativamente a rendere questo istituto inadeguato a conseguire le finalità di una riduzione del sovraffollamento carcerario nell’ottica di contenere l’elevato rischio di un diffuso contagio all’interno degli istituiti penitenziari e di una migliore gestione dell’emergenza sanitaria”. Queste le risposte della Sesta Commissione del Csm che di fatto boccia le misure previste per le carceri dal dl Cura Italia. Il parere sarà discusso giovedì dal plenum di Palazzo dei marescialli. Una ‘sentenza’ che non fa una grinza: chiedere la detenzione domiciliare con il braccialetto elettronico a quei detenuti che non scontano pene gravissime e non al di sopra dei 18 mesi ancora da espiare, è un pò come affermare implicitamente che non si può fare.
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I dispositivi previsti anche dal decreto Bonafede sono solo 2.500. E non possono entrare in funzione tutti insieme, ma solo 200-300 a settimana. Un altro dei tanti paradossi italiani in tempo di coronavirus. Soprattutto dopo le rivolte in 27 penitenziari italiani che, due settimane fa, hanno prodotto danni materiali per 35 milioni di euro. E 13 morti. Ma poi la speranza di una via d’uscita: ecco spuntare la soluzione del braccialetto elettronico per consentire comunque il controllo di un detenuto posto ai domiciliari. Anche il decreto del Guardasigilli Alfonso Bonafede ne parla e li propone come una soluzione per far uscire, ma solo fino al 30 giugno, chi deve scontare ancora 18 mesi. I numeri però sono impietosi. Dopo le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella – inviate dalle pagine del Gazzettino ai detenuti di Venezia, Padova e Vicenza – “serve il massimo impegno in questa situazione difficile” – è ripartita la discussione sulle misure più idonee per alleggerire la popolazione carceraria che, come dice a Repubblica il Garante dei detenuti Mauro Palma, in questo momento è di 58.810 detenuti. 17 sono risultati positivi al Coronavirus, mentre 200 si trovano in isolamento sanitario.
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I Radicali chiedono a Mattarella di pensare alle possibili grazie da concedere. I magistrati, come la presidente del tribunale di tribunale di sorveglianza di Milano Giovanna Di Rosa, insiste sulla necessità di “tirare fuori un domicilio per i detenuti che non ce l’hanno, ma meritano questa opportunità, senza pensare ai braccialetti elettronici che non servono”. Mentre un magistrato in pensione come Francesco Maisto, per anni giudice di sorveglianza e oggi Garante dei detenuti di Milano, preannuncia il rischio che 200 detenuti di Bollate ammessi al lavoro esterno possano iniziare uno sciopero della fame dopo il blocco dei permessi. Ma il basso numero dei braccialetti rende la situazione complicata. Bonafede sta lavorando al question time che domani lo vedrà impegnato alla Camera sull’emergenza carcere. Mentre Renzi continua a chiedere le dimissioni del capo del Dap Francesco Basentini. E retsa anche il divieto dei colloqui familiari per i detenuti.