Francesco Romeo, direttore di cardiologia interventistica del Policlinico di Roma, lancia l’allarme. “Avere l’infarto non è meno grave del coronavirus”, avverte il cardiologo.
L’arrivo prepotente del Coronavirus nel nostro Paese ha generato una sensazione di paura, ormai dilagante e inevitabile. E questa sensazione di timore sta colpendo anche tante altre persone che avvertono altri sintomi. Stiamo parlando dei soggetti cardiopatici o anche quelli che hanno avvertito i sintomi dell’infarto. E a parlarne è proprio un cardiologo, Francesco Romeo. Si tratta del direttore Uoc Cardiologia e cardiologia interventistica del Policlinico Tor Vergata di Roma.
Il cardiologo, intervistato da Adnkronos, ha parlato di una pratica molto frequente in Italia. Ovvero il fatto che la gente avverte sintomi da infarto ma non si reca in ospedale per timore di essere contagiata. “Nell’ultimo mese si sta verificando in Italia un fenomeno preoccupante: un calo degli accessi di pazienti con infarto nei nostri pronto soccorso, pari al 30-40% fra febbraio e marzo. E le persone che arrivano in ospedale, lo fanno tardivamente: anche dopo 5 giorni. Tutti ci dicono che avevano paura di recarsi in pronto soccorso per la paura di essere contagiati dal nuovo coronavirus. Confrontandomi poi con altre realtà in tutta Italia, questo mi è stato confermato e stiamo andando avanti con l’analisi della situazione“.
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Il cardiologo ha anche raccontato uno dei tanti episodi avvenuti nel suo reparto. Romeo ha comunque fatto capire che un infarto non va preso sotto gamba, nemmeno in questo periodo di paura di contagio. “A una paziente che abbiamo trattato qualche sera fa, che avvertiva disturbi respiratori e aveva avuto febbre banale nei giorni passati. Abbiamo comunicato che si trattava di un infarto e lei ci ha risposto ‘meno male, pensavo fosse coronavirus’. Ecco, si crede che l’infarto sia meno grave della Covid, in questo momento. Ma non bisogna assolutamente abbassare la guardia e bisogna sapere che negli ospedali hub ci sono percorsi differenziati, dove i pazienti non si incrociano: un paziente con infarto senza sospetto Covid fa la sua strada, abbiamo due sale su due piani differenti. E tutti gli ospedali si sanno attrezzando in tal modo“.
“Si stanno vanificando in queste settimane – ha proseguito il cardiologo – 20 anni di campagne d’informazione che evidenziavano l’importanza di rivolgersi subito al pronto soccorso in caso di segnali di infarto, come dolore al petto e difficoltà a respirare: eppure, ogni 10 minuti di ritardo nella diagnosi e nel trattamento dell’infarto, la mortalità aumenta del 3%. Se ritardo mezz’ora, quindi, muore il 10% in più dei pazienti“.
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Il cardiologo capitolino ha ribadito che bisogna fare informazione. Niente terrorismo psicologico, ma nozioni utili per chi sta male. “Noi dobbiamo dire a questi pazienti che non devono avere paura e che devono subito recarsi nei centri di riferimento specializzati che trattano centinaia di casi ogni anno, perché tutti si sono attrezzati con percorsi separati dedicati“. Romeo ha parlato anche dei sintomi che lasciano presagire l’arrivo di un infarto. “Dolore toracico, che qualche volta si può associare a dispnea. Questa è la sintomatologia primordiale, chiamata di ‘chest discomfort’, che deve allarmare in particolar modo chi è ad alto rischio di infarto, come pazienti con coronaropatia, ipertesi o diabetici“.