La Cina registra un crollo delle emissioni di diossido di azoto dal 20 dicembre al 16 marzo. Recentemente, riprese le attività, hanno ripreso a salire.
Dal 20 dicembre al 16 marzo i cieli della Cina si sono rischiarati un po’: le emissioni di diossido di azoto sono letteralmente crollate. Lo rilevano le immagini del satellite Sentinel 5P, del programma europeo Copernicus, gestito da Commissione Europea e Agenzia Spaziale Europea (Esa).
Queste le emissioni a dicembre, prima del lockdown:
Tutt’altro aspetto, invece, assumono le immagini delle emissioni in Cina a marzo, dopo la quarantena, alla fine del periodo di crisi causato dal coronavirus. La causa del crollo delle emissioni: il lockdown cinese. La chiusura delle fabbriche, la netta riduzione della circolazione, la quarantena forzata, hanno permesso questa drastica riduzione dei tassi di inquinamento. Come si nota nella seguente immagine satellitare, scattata a marzo:
Tuttavia, notano gli esperti, le emissioni stanno tornando a salire. Le immagini raccolte dimostrano anche che, con la riapertura delle attività a inizio marzo, le emissioni stanno gradualmente aumentando. E’ a gennaio-febbraio, infatti, nel pieno del rigore, che è stato registrato il tasso più basso di emissioni. Il Servizio di monitoraggio dell’atmosfera del programma Copernicus (Cams) ha osservato che a febbraio il particolato si è ridotto rispetto agli ultimi 3 anni. Confrontando questi dati con i modelli atmosferici, è stato possibile quantificare questa drastica riduzione dell’inquinamento: oscilla fra il 20% e il 30% su gran parte della Cina.
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Stessa situazione anche nel Nord Italia. I sensori Tropomi (Tropospheric Monitoring Instrument) a bordo del satellite hanno rilevato il progressivo ridursi della nube di biossido di azoto. Il gas nocivo viene emesso dai combustibili fossili, quindi in particolare dai veicoli a motore e dalle strutture industriali. Come in Cina, la quarantena forzata e le limitazioni alla circolazione in qualche modo hanno giovato a qualcuno, o piuttosto qualcosa.