Il presidente della Camera in una lunga intervista a Repubblica spiega perché in Italia la politica non può fermarsi nonostante un’emergenza senza precedenti.
Roberto Fico è il presidente di una Camera dei Deputati che passerà alla storia per avere affrontato un periodo di gravità estrema, senza precedenti. Non è mai accaduto, nemmeno durante le due guerre mondiali, che il parlamento abbia sospeso la sua attività e non accadrà certamente ora. Fico lo chiarisce senza se e senza me: “II Parlamento non può chiudere. La Camera e il Senato, devono fare tutto quel che è necessario per aiutare malati, i dottori, gli infermieri, i trasportatori, i panettieri: le persone che più di tutte sono i prima linea o stanno subendo il peso di un’epidemia che ha sconvolto le vite di tutti. Noi per primi sono quelli che oggi devono lavorare”.
Giornate estremamente difficile e confuse, con un contraddittorio a volte anche aspro ma che di tanto in tanto porta il buon senso anche tra le posizioni più estreme. Ecco il valore della politica: “L’articolo 64 della Costituzione – dice Fico – fa riferimento alla presenza dei deputati e senatori in Aula. È fondamentale per la pienezza del ruolo e per il superamento di questa emergenza che noi restiamo tutti al nostro posto. Grazie anche ai giornalisti che continuano con il loro impegno nell’informazione del paese e che stanno lavorando in condizioni molto complicate”.
Il ruolo di Fico è quello di coordinare, velocizzare, ascoltare e se necessario favorire l’incontro tra posizioni anche molto diverse: “Abbiamo diversi deputati che si sono ammalati, li ho sentiti tutti personalmente e auguro loro di potere tornare presto al lavoro perché abbiamo bisogno anche di loro. Io sono il responsabile del buon andamento dei lavori. Ho il dovere di assicurare la continuità delle funzioni legislative e di tutelare la salute pubblica. Alla Camera non possiamo permetterci nessuna catena di contagio perché sarebbe la paralisi e siamo già in emergenza. La Camera non abdica”.
Quando i padri costituenti hanno scritto le basi del nostro vivere civile non c’erano Skype e i social. E forse non immaginavano che oggi il nostro paese sarebbe stato attaccato da un nemico senza missili ed esercito. Silenzioso, subdolo, ma capace di insinuarsi anche nei meccanismi della democrazia: “Le nuove tecnologie sono un aiuto ma la Costituzione e gli obblighi delle istituzioni non possono essere scavalcate da una qualsiasi soluzione tecnica. Il voto contestuale e personale di ogni deputato, la sicurezza della trasmissione dei dati da remoto, la possibilità per chi presiede l’aula di votare è fondamentale. Non possiamo essere superficiali. Il voto a distanza non esiste quasi in nessun ordinamento, se ne parla, come ipotesi. Ma non è una soluzione”.
Il voto a distanza dunque è una soluzione ipotetica e non applicabile: “Ne continueremo a parlare confrontandoci sulla questione anche con il Senato. Nel frattempo, possiamo pensare all’istituzione di una Commissione speciale, come quelle costituite all’inizio delle legislature per l’esame di atti del Governo. Limiteremmo così il numero delle persone coinvolte direttamente. Lavoriamo per l’emergenza e nell’emergenza ma la deliberazione finale dell’Aula resta il caposaldo del nostro sistema nelle forme e nei modi necessari a garantire la tutela della salute”.
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