Non c’è sicuramente nulla di male a tenersi vicendevolmente su di morale in uno dei momenti più bui nella storia del nostro paese. Ma forse qualcuno sta un po’ esagerando.
Oggi, nella consueta conferenza stampa delle 18, il commissario alla protezione civile Angelo Borrelli ha annunciato dati sconvolgenti: oltre 28mila persone contagiate, un aumento di altre 2.648 persone malate rispetto alla sola di ieri e 475 vittime, due terzi delle quali in Lombardia. Ci sono decine di medici malati, che non si reggono in piedi e lavorano senza nemmeno sapere se usciranno dall’ospedale vivi. Ci sono addetti al trasporto di persone altamente infettive che devono viaggiare da un reparto all’altro, dove c’è posto. Ci sono famiglie che vivono il dramma di un lutto che non possono nemmeno piangere insieme: perché sono in isolamento. E non sanno nemmeno se e quando potranno onorare con un funerale la persona che hanno perso.
E poi c’è un’Italia surreale, che sembra vivere a Fantasylandia. Si collega via social, discute su Twitter, rompe la noia con un meme e quando non sa che fare partorisce un bel flash mob. Alle 12 si espone il tricolore e si canta tutti insieme l’Inno di Mameli. Alle 15.30 si esce sul balcone e si applaudono i medici e gli infermieri. Gli stessi che magari due settimane fa si insultavano per una coda troppo lunga o un’analisi in ritardo. Alle 19.00 si canta il Nessundorma: “Vincerò”, postando le immagini delle Frecce Tricolori. Alle 22.00 approfittando dell’oscurità si esce sul balcone con i telefonini con lo stereo di casa a tutto volume cantando e dimenandosi per fare arrivare nello spazio le lucette dei cellulari, convinti che questa cosa infonda un gran coraggio a chi muore o chi non esce dall’ospedale da settimane e non perché è ricoverato. Ma perché fa il medico.
L’Italia è molto amata. Quando dal nostro paese sono partiti aiuti destinati a una città del Sichuan dove una diga aveva ceduto ammazzando centinaia di persone, in Cina non se lo sono dimenticati. Tant’è che, proprio dal Sichuan ci hanno regalato un milione di mascherine allegando un cartellone con la scritta XiéXié, grazie. Però dall’estero dicono anche che l’immagine che trapela dai nostri social è quanto meno bizzarra. Tra gente che si lamenta per la sospensione di alcune trasmissioni televisive, altri che si disperano per le vacanze estive che saltano. Mentre c’è chi si accapiglia per la drammatica battaglia nella casa del Grande Fratello. Ma di fatto noi siamo questo paese qua. Lo stesso paese che secondo Churchill andava a una partita di calcio in assetto da guerra e andava in guerra come se si trattasse di una partita di calcio.
Intanto le statistiche, in un paese dove chiunque ormai dovrebbe avere capito che è opportuno starsene in casa, dicono che in giro c’è un abbondante 40% di persone che si fa bellamente i fatti propri. Al punto che le forze dell’ordine, anziché scortare ambulanze e aiutare la gente che ha bisogno, hanno bisogno di rinforzi per multare chi gioca a calcetto, chi va a farsi un bagno fuori stagione o chi ha deciso che il pomeriggio di sole è perfetto per una biciclettata con i bimbi. Devono essere gli stessi che hanno pensato che il divieto di lasciare la provincia oggetto di un’emergenza sanitaria fosse tutto sommato aggirabile: perché in fondo in Italia le regole non piacciono e siamo abituati ad aggirarle più che a rispettarle.
Fino a quando immediatamente dopo una conferenza stampa che ci dice che sono morte 475 persone e che ce ne sono 2500 che forse non ce la faranno, qualcuno pensa che sia il momento di un bel flash mob: e sui balconi risuona l’inno nazional popolare per eccellenza dell’italiano medio: “Felicità”. Ci si filma e si mette tutto su Tik Tok dove c’è un disperato bisogno di contenuti social. Al Bano e Romina cantano mentre in sottofondo le sirene vanno avanti e indietro. Utile? No. Intelligente? Nemmeno. Ma oggi basta essere social. Dimenticandosi purtroppo un valore, il primo, che un paese dovrebbe avere. Il rispetto: che in determinati momenti è fatto semplicemente di silenzio.
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“Grazie dei pensieri e dell’affetto” – ci dice un medico di Bergamo con cui abbiamo parlato telefonicamente poco fa, è un amico e non è contagiato ma non torna a casa da dodici giorni. “Se proprio volete fare un flash mob e avete un bisogno disperato di uscire di casa almeno andate a donare il sangue”. #andràtuttobene ci continuiamo a ripetere. E speriamo. Ma non sarà certo per i social e i flash mob.
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