I fratelli Safdie sono reduci dal grande successo di critica e pubblico di Diamanti Grezzi, noir lisergico e allucinato con protagonista Adam Sandler. Ma il loro talento era emerso con prepotenza già con Good Time, disponibile su Netflix. Ve lo consigliamo per questi giorni di isolamento forzato sul divano.
Continuano i nostri consigli per le vostre serate sul divano in questi giorni in cui siamo tutti costretti a rimanere a casa per limitare il contagio da nuovo Coronavirus. Lo scorso gennaio Netflix ha reso disponibile sul proprio catalogo l’acclamato Diamanti Grezzi con Adam Sandler (la cui esclusione agli Oscar aveva sollevato numerose polemiche), perfezionamento di uno stile unico e personalissimo che i fratelli Safdie avevano già sperimentato con il precedente Good Time, con protagonista Robert Pattinson (anch’esso disponibile sulla piattaforma streaming).
Pur seguendo quasi tutti i classici cliché del cinema d’azione e le svolte che quel tipo di film impone, Good Time comincia dove altri film terminerebbero, con una rapina che si conclude con l’arrivo della polizia ed il conseguente arresto di uno dei due fratelli rapinatori. Il film dei fratelli Safdie mescola elementi stranoti per creare qualcosa di personale nello stile e nei toni. I Safdie bros. usano la musica elettronica come farebbe Refn, da cui rubano in alcuni momenti anche il gusto per l’estetica al neon, ma sembrano ignorare la geometria delle immagini (tipica invece del regista danese) preferendo invece la telecamera a spalla e le inquadrature senza respiro. I due fratelli scrivono una storia di imprevisti ed equivoci che sembra quella comica di Burn after reading, mettendo in scena la beffarda successione di tentativi maldestri di un improbabile ladro che cerca di liberare un complice persino meno credibile di lui. Ma i due la girano come se fosse una storia davvero seria e tragica e mai osservandola con lo sguardo sardonico dei Coen.
Se S. Craig Zahler, il regista di Bone Tomahawk e Brawl in Cell Block 99, è stato spesso definito come un Quentin Tarantino senza la sua estetica pulp e l’amore per le citazioni cinematografiche, così i fratelli Safdie sembrano i fratelli Coen senza ironia e amore per la comicità. Eppure al termine di questa storia densissima si percepisce lo stesso un senso di amarezza e di sconfitta che pochissimi altri registi (oltre ai Coen) sanno comunicare. La grande idea di Good Time sta nel mostrare quali sono gli esiti di una rapina eseguita in assenza di pianificazione, decostruendo il genere e narrando questo poliziesco quasi esclusivamente attraverso scene chiave, senza che ci sia davvero un raccordo tra esse o una chiara metodica a muovere le azioni del protagonista.
Guardare Good Time (o il successivo Diamanti Grezzi) vuol dire accettare un cinema d’azione scarnificato fino a mostrarne solo lo scheletro essenziale. Quello dei fratelli Safdie è un cinema radicato nella Nuova Hollywood di De Palma, Scorsese e Friedkin, ma allo stesso tempo un cinema che sembra bilanciare costantemente la propria asciuttezza con una ricerca costante dell’astrazione alla Paul Thomas Anderson. Good Time è quindi un film che non può fare a meno delle strade in cui si svolge, ma che in ogni momento sembra astrarre la propria narrazione per dire qualcosa di molto più universale delle storie che racconta.
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