“Il primo caso di coronavirus risale al 17 novembre e non all’8 dicembre”. L’indiscrezione del South China Morning Post cambia la prospettiva sull’operato di Pechino. “Entrati in possesso di documenti governativi mai resi pubblici”. La notizia potrebbe aprire nuovi scenari nella ricerca del ‘paziente zero’
Il primo caso accertato d’infezione da coronavirus in Cina risale al 17 novembre e non all’8 dicembre, come dichiarato dal governo di Pechino all’Organizzazione Mondiale della sanità (Oms). La notizia pubblicata sul South China Morning Post apre un nuovo scenario sulla diagnosi e sulla gestione dell’epidemia da parte della Cina. Cosa cambierebbe nel caso in cui fosse confermato? Secondo il quotidiano di Hong Kong, che dice di essere entrato in possesso di documenti governativi mai resi pubblici, si tratta di un 55enne residente nella provincia dell’Hubei, epicentro della pandemia. Ad oggi il virus ha causato oltre 5mila vittime in tutto il mondo. Secondo le prime ricostruzioni, però, non sembra essere lui, dicono, il ‘paziente zero’. Pechino non è ancora riuscita a individuarelo.
Capire come l’infezione si sia generata e diffusa aiuterebbe a comprendere la reale minaccia del virus, arrivato in oltre cento Paesi nel mondo. Secondo quanto riporta il giornale del territorio autonomo, dal 17 novembre in poi sono stati rilevati da uno a cinque casi di contagio al giorno. Il contagio avrebbe iniziato il suo percorso in maniera spedita.
Solo il 27 dicembre, però, Zhang Jixian, medico dell’Hubei Provincial Hospital of Integrated Chinese and Western Medicine, comunicò alle autorità il sospetto. Ovvero che la polmonite anomala rilevata in numerosi pazienti era causata da un coronavirus. A quel punto, almeno 180 persone erano ormai state contagiate. L’ epidemia, che si è poi allargata a tutta la regione e in altri Paesi, era già diffusa.
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Si intensifica il lavoro per ricostruire l’identità del paziente 0
Lo sforzo di medici e ricercatori deve essere adesso quello di riuscire a individuare il ‘paziente zero’. In tal modo si capirebbe in che modo il virus sia stato trasmesso da animale a uomo e ricavarne così importanti informazioni per arrivare il più rapidamente possibile a una cura. Dei primi nove casi di coronavirus a novembre, 4 uomini e 5 donne d’età tra i 39 e i 79 anni, nessuno è stato però identificato come primo contagiato. Non è chiaro quanti di questi fossero residenti a Wuhan. È quindi possibile che il primo contagio sia avvenuto ancora prima del 17 novembre.
Nel frattempo dalla Cina arrivano buone notizie sul numero di contagiati. Le autorità sanitarie cinesi hanno dichiarato di aver registrato pochi casi negli ultimi giorni, anche se in leggerissimo aumento rispetto al trend di inizio settimana. In tutto i decessi in Cina legati al coronavirus sono tre volte superiori all’Italia. I dimessi sono invece 64.111 pari a quasi l’80% dei contagi accertati dalle autorità sanitarie cinesi.
Il miglioramento delle condizioni in Cina, intanto, ha permesso a Apple di riaprire. I suoi 42 punti vendita nel Paese del Dragone rappresentano un motore nevralgico per l’economia. Erano stati chiusi agli inizi dello scorso mese fino al 9 febbraio, poi riavviati con grandi difficoltà a causa delle rigide misure prese da Pechino. Lo stop agli Apple store era stata citata come una delle cause principali della revisione dei ricavi per il primo trimestre.