Dopo tre settimane drammatiche Seoul consegna all’Organizzazione Mondiale della Sanità dati decisamente meno sconfortanti.
“Non molliamo”
Il presidente del consiglio sudcoreano Sye-Kyun Chung esprime il suo primo sorriso in televisione dopo tre settimane di visi tirati ed estremamente seri che avevano caratterizzato le conferenze stampa delle ultime settimane. È un sorriso teso e sforzato. Ma è un sorriso: “Stiamo registrando dati che indicano un chiaro regresso dell’epidemia, non dobbiamo assolutamente abbassare la guardia – ha detto il primo ministro – dobbiamo continuare a impegnarci al massimo e non ridurre nessuna delle precauzioni che abbiamo adottato per contenere il virus. Non è finita, non molliamo”.
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Dati in flessione
La Corea del Sud ha rilevato ieri 110 nuovi casi di contagio (erano stati quattro di più mercoledì), aggiornando i minimi da più di due settimane e portando le infezioni da coronavirus a un totale di quasi ottomila riscontri. La Corea del Sud resta uno dei paesi più colpiti del mondo con dati drammatici che riguardano soprattutto la città di Daegu. Ma il virus sembra frenare la sua forza di contagio.
I dati
Il dato, riferito dal Korea Centers for Disease Control and Prevention, conferma il contenimento del focolaio di Daegu, tra le preoccupazioni delle infezioni in aumento a Seul. I decessi sono saliti a 67, mentre le guarigioni sono cresciute di 177 unità, attestandosi a quota 510. Quello che impressiona è soprattutto questa forbice tra decessi e guarigioni che assume ora una proporzione di 1 a 3.
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Non è finita
In Corea tuttavia l’emergenza resta alta soprattutto per quanto riguarda la produttività del paese e la grande densità delle sue città e delle sue industrie. Importante sotto questo aspetto il fatto che la Corea pare abbia un dato molto positivo che riguarda medici e infermieri che sono stati protetti più che in altri paesi e che fino a questo momento non rappresentano un’emergenza nell’emergenza.