La testimonianza del professore di agraria dell’Università di Reggio Calabria positivo al coronavirus. Il docente è di Catania, dove vive. E’ stato ricoverato all’ Utir, l’unità di Terapia Intensiva, dell’ospedale Cannizzaro. Ed è guarito. Ecco la sua storia.
Una vicenda a lieto fine, che in un momento di pessimismo e paura collettiva come quello che stiamo vivendo è interessante da ascoltare. E’ la storia di un docente universitario di Catania, che insegna alla Facoltà di Agraria dell’Università di Reggio Calabria. In un’intervista su Fan Page racconta la sua esperienza, il suo ricovero, la malattia e la guarigione. A partire dalla situazione attuale: “Sto abbastanza bene, sono in convalescenza. Ho ancora uno strascico di polmonite e qualche problema intestinale” racconta il docente. Che ricostruisce fin dall’inizio la storia della sua malattia: “Tutto è iniziato tra il 19 ed il 21 febbraio, quando sono tornato a Catania“ racconta il docente. “Ho iniziato ad avere la febbre. Alta, fino a 39, 40. Ed è durata una settimana” aggiunge. Invece di migliorare, la situazione peggiora: “Ho iniziato a stare peggio: in particolare una pesantezza respiratoria. Allora mi sono rivolto ad un medico che conosco da tempo, con cui ho avuto a che fare anche per un’altra polmonite. Gli ho esposto il problema”.
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Il medico gli suggerisce di rivolgersi ad una struttura ospedialiera: il docente si reca all’ospedale Cannizzaro, dove viene sottoposto a tampone. Che è positivo: “Non me lo aspettavo. Io mi sono recato in ospedale per un problema di tipo respiratorio, polmonare. Non pensavo al coronavirus” racconta. “Tanto è vero che il mio ricovero è stato presso l’Utir, l’unità di terapia intensiva respiratoria. Una volta chiarita la mia positività al coronavirus, sono stato trasferito immediatamente al reparto Malattie Infettive”. Un reparto efficiente, ben organizzato e pieno di ottimi professionisti: “Una piccola Svizzera” lo definisce il professore, “devo fare i miei complimenti a tutti, veramente“. La domanda, a quel punto, è stata: come è arrivato il contagio? “Credo di aver ricostruito” spiega il docente, che non ha voluto rivelare il suo nome per evidenti questioni di privacy. “Sono stato ad un convegno a Reggio Calabria, insieme a centinaia di colleghi provenienti da tutta Italia. Ho poi saputo che qualcuno dei presenti poi si è ammalato, e dopo qualche giorno è esploso il focolaio a Codogno. Alcuni colleghi credo siano scesi già infetti. E’ un virus che è arrivato dal nord Italia, comunque”.
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Dieci giorni di ricovero, durante i quali – all’inizio – ha costretto alla quarantena cinque medici e otto infermieri. Poi. la guarigione: “Sono stato dimesso lunedì. Ora sono a casa, in convalescenza. Con me la mia compagna, che è risultata essere positiva. Ha avuto qualche giorno di febbre, ma ora è in quarantena obbligatoria”. Il professore ci tiene a sottolineare di nuovo la professionalità dei vari staff dell’ospedale Cannizzaro che hanno gestito il sio caso, a partire dai medici e gli infermieri dell’Utir. Poi, insieme all’invito a restare a casa – “si può fare”, spiega – chiude l’intervista con una raccomandazione: “Bisogna essere lucidi e rapidi, ed intervenire prima che la situazione degeneri”.
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