This photo taken on March 7, 2020 shows a doctor comforting a pregnant woman, infected by the COVID-19 coronavirus, before her caesarean section at a gynaecology and obstetrics isolation ward in Xiehe hospital in Wuhan in China's central Hubei province. - China on March 8 reported its lowest number of new coronavirus infections since January, with nearly all the 44 new cases in the outbreak epicentre Wuhan. (Photo by STR / AFP) / China OUT (Photo by STR/AFP via Getty Images)
Non c’è stato niente da fare per il biologo di 58 anni che era convinto di avere solo una brutta influenza e aveva rifiutato di essere ricoverato. In poche ore il virus lo ha ucciso.
Aveva deciso di tornare a casa, forse per non preoccupare la moglie e gli altri familiari garantendo di stare bene e di non avere nulla di grave se non una brutta influenza. I medici dell’ospedale Sant’Elia dove era stato portato per un primo controllo avevano insistito molto per trattenerlo… l’uomo era assolutamente voluto tornare a casa. Una decisione che si è rivelata fatale
La vittima, un biologo di 58 anni dipendente dell’Asp di Caltanissetta, era stato visitato in ospedale martedì pomeriggio e presentava tutti i sintomi del coronavirus. I primi sintomi risalivano al marzo scorso: tosse e raffreddore con qualche linea di febbre, da quel giorno il biologo non era più andato al lavoro. “Era stato in campagna a fare qualche lavoretto e diceva di avere preso freddo ma non sembrava niente di grave – dice la moglie, anche lei biologa – dietro il consiglio del nostro medico di base aveva preso un antibiotico e del cortisone ma le sue condizioni erano addirittura peggiorate”.
Lunedì la visita a casa di un medico che gli prescrive il rocefin che tuttavia sulle prime non sembra funzonare: “Mi hanno detto che la terapia doveva fare effetto e che avrei dovuto aspettare ma con il passare delle ore la situazione è precipitata”. Martedì l’uomo ha evidenti problemi respiratori: “Chiamiamo il 118 che ci dice che è necessario trasferire mio marito in ospedale. Lui si rifiuta, dicendo di volersi fidare del parere del medico di famiglia. Ma è stato un errore imperdonabile”.
La seconda telefonata al 118 arriva quando è troppo tardi: l’uomo arriva in ospedale al Sant’Elia in condizioni disperate, viene intubato e posto in isolamento ma muore due ore dopo il ricovero. Il tampone post morte chiarirà che a ucciderlo è stato il coronavirus.
La moglie non sa darsi pace: “Sono preoccupata per me e anche per mia figlia, non mi perdono di non avere dato retta a quella operatrice del 118. Hanno scritto tante cose orrende su di noi – dice la donna, disperata per la perdita del marito e l’angoscia per la figlia che nel frattempo è andata a Firenze, dal fratello, mettendosi in isolamento – hanno detto che avevamo partecipato a una festa ma in realtà non ci siamo mai mossi da casa. Mio marito era sano come un pesce e non aveva mai avuto problemi di salute. È bastata una sola settimana di virus per stroncarlo oltre alla presunzione di potersela cavare senza ricovero”.
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