Dunque: nove, dieci giorni. È questa la differenza temporale nella propagazione dell’epidemia che separa l’Italia dagli altri paesi europei. Nei dieci giorni in cui nel nostro Paese l’epidemia ha cominciato a galoppare, si è passati da 34 a 631 vittime. E purtroppo non è ancora finita. “Dopo l’Italia, la Francia?” si chiede oggi in prima pagina Libération. Lo sfasamento temporale spiega perché in Francia e ancora di più in Germania non sono state ancora adottate zone rosse, chiusure di scuole generali, e altre restrizioni: fino a dieci giorni fa si parlava di riaprire Milano, i ragazzi continuavano ad andare a scuola, il governo si batteva affinché gli italiani potessero circolare liberamente fuori dai confini. Oggi tutto è cambiato, si è ribaltato. E l’Europa ci guarda con attenzione. Anche se Macron insiste: “Bloccare tutto non serve in questo momento. Per ora non ci saranno provvedimenti come in Italia”. “Molti epidemiologisti ci dicono che bloccare tutto può creare effetti di panico e altre conseguenze che aggravano l’epidemia” – ha detto il ministro francese della Sanità Olivier Véran. Neurologo, il medico ha fatto un disegno in diretta tv per spiegare qual sia la strategia del governo: evitare un picco di casi in un periodo limitato, com’è accaduto in Italia, per dilazionarli nel tempo in modo da non far collassare il sistema sanitario.