Chelsea Manning, la talpa di WikiLeaks ha tentato il suicidio nella struttura circondariale di Alexandria, in Virginia. La donna è stata però immediatamente soccorsa dal personale del carcere, ed è stata portata d’urgenza in ospedale.
Come riportano le fonti ufficiali, Chelsea Manning ha tentato il suicidio presso il carcere nel quale è attualmente ospitata. Immediatamente soccorsa dal personale della struttura, la donna è sta portata subito in ospedale, e sembra si stia pian piano riprendendo.
Secondo quanto riferito dai suoi avvocati ai media locali, la detenuta “ha cercato di suicidarsi. Manning aveva in precedenza indicato che non avrebbe mai tradito i suoi principi. Il suo gesto mostra quindi sia la forza delle sue convinzioni, così come anche il male che però continua a subire a causa dell’isolamento civile”.
I legali di Chelsea Manning hanno dichiarato che l’ex analista dell’intelligence ha cercato di togliersi la vita nella giornata di ieri, mercoledì 11 marzo. A seguito del tentativo di suicidio, la donna è stata tempestivamente soccorsa dal personale, ed è quindi stata trasportata d’urgenza in ospedale. Al momento la Manning è ricoverata in una struttura non specificata, seguita da un’equipe e presso la quale si sta pian piano riprendendo.
Questo quanto raccontato ai media dallo sceriffo di Alexandria, Dana Lawhorne: “C’è stato un incidente oggi alle ore 12:11 circa, presso il centro di detenzione per adulti di Alexandria, che ha coinvolto la detenuta Chelsea Manning. La situazione è stata gestita in maniera efficace dal nostro personale specializzato, e la signora Manning si trova ora al sicuro”.
Chelsea Manning, ricordiamo, è in prigione da maggio 2019, dopo essersi rifiutata di testimoniare durante le indagini sul caso Wikileaks e Assange. Avrebbe dovuto presentarsi nuovamente davanti la corte federale di Alexandria (in Virginia) questo venerdì, giorno in cui il giudice deciderà sulla mozione per porre eventualmente fine alle civil contempt sanctions. Come spiegato da Andy Stepanian, portavoce della squadra di avvocati assunti dalla Manning, la sua assistita rimane però tuttora “irremovibile”, e non ha intenzione alcuna di partecipare all’udienza.
“Nonostante queste sanzioni – che finora hanno portato a oltre un anno di “incarcerazione coercitiva” e quasi mezzo milione di dollari di possibili multe – la nostra assistita rimane incrollabile nel suo rifiuto di partecipare a un processo della grand jury che lei stessa vede come altamente suscettibile agli abusi “, hanno dichiarato i suoi avvocati in una nota. “La Manning ha precedentemente specificato che non tradirà i suoi principi, anche a rischio di eventuali gravi ripercussioni”.
Ricordiamo che Manning ha scontato già sette anni di prigione presso una struttura militare per aver fatto trapelare una manciata di documenti a Wikileaks, prima che Barack Obama commutasse il resto della sua condanna a 35 anni nel 2017.
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