La situazione d’emergenza coronavirus che sta colpendo seriamente l’Italia non può permettersi di bloccare il normale corso della giustizia: per questo, questa mattina a Brescia è stato convalidato un arresto via Skype.
Da quando il nostro Paese ha visto l’espandersi della zona rossa a seguito dell’ormai convalidata pandemia da coronavirus, lo smart working è entrato ufficialmente nelle aziende e nelle case di molti lavoratori italiani. Ma anche i tribunali non possono farne a meno, in questo delicato momento.
Infatti, pare proprio che anche la giustizia si sia ormai convertita al mondo dell’internet. Nella mattinata di oggi, mercoledì 11 marzo, è stata infatti portata a termine la prima convalida di arresto a distanza post decreto di quarantena, nel tribunale di Brescia. Un tipo di udienza fino a poco tempo fa impensabile, ma che è avvenuta via Skype – su suggerimento, però, di quanto introdotto da circa un annetto dal giudice Pierpaolo Beluzzi, che le opera già presso il Tribunale di Cremona.
Secondo quanto riportato dalle fonti, un imputato un tunisino di 40 anni è stato fermato nei giorni scorsi dalle autorità mentre trasportava con sé, nascosto sotto il maglione, circa mezzo chilo di sostanze stupefacenti. L’uomo è stato dunque chiamato a rispondere del reato di spaccio di eroina, e portato al carcere di Brescia.
Proprio in questa casa circondariale, allora, in questo periodo di estrema suscettibilità a qualsiasi tipo di contatto “umano”, è stato scelto di applicare il mantra dello smart working per poter portare a termine la convalida di arresto. Al tunisino è stata dunque messo a disposizione una postazione con accesso ad internet e collegata a Skype, così da poter comunicare direttamente con il suo legale e con il giudice Carlo Bianchetti, che si trovavano invece nel tribunale di Brescia.
Secondo quanto spiegato dall’avvocato del tunisino, nonostante l’attuazione di una simile misura d’emergenza, tutto sarebbe andato come previsto e nel rispetto totale della legge e dei diritti dell’imputato. “È andato tutto bene” spiega infatti Paolo Inverardi, avvocato del quarantenne arrestato per spaccio. Che ha poi sottolineato come “non ci sono stati intoppi ed è stata anche garantita riservatezza prima dell’inizio dell’udienza, quando ho potuto comunicare da solo con il mio assistito”.
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