Con la riorganizzazione delle strutture di terapia intensiva che si attrezzano con nuovi respiratori, la regione più colpita si attrezza per diagnosi più rapide e tempestive.
I dati in Lombardia restano allarmanti: ci vorranno diversi giorni per vedere qualche beneficio dai provvedimenti adottati d’urgenza dal governo da questa mattina. La regione più colpita dal coronavirus aveva due enormi problemi. Il primo era quello che riguardava i letti di terapia intensiva, ormai esauriti e le apparecchiature per la respirazione assistita, insufficienti. In pochi giorni sono stati recuperati numerose apparecchiature per la ventilazione assistita con i quali allestire altri reparti adeguati per assistere i malati più gravi. Ma il secondo problemi erano i tamponi.
Con un provvedimento straordinario la Regione Lombardia ha comperato un milione e 800mila kit, i famosi tamponi per individuare il contagio da coronavirus. Rispetto ad altri esami diagnostici il tampone ha molti vantaggi: niente siringhe, niente prelievi. E anche i tempi per gli esami di laboratorio dei campioni sarebbero abbastanza rapidi. Ma molto spesso occorrono le controanalisi, perché non sempre il primo reperto offre risultati chiari, o anche un secondo prelievo. A oggi la Lombardia ha eseguito, esaurendoli rapidamente, 21.500 tamponi che vengono analizzati da nove laboratori che, con il passare dei giorni, sono diventati anche molto rapidi nel fornire l’esito del test. Una prassi che deve essere velocizzata quanto più possibile per ridurre i tempi di attesa di persone che potenzialmente necessitano di isolamento, o peggio, di un ricovero.
Tuttavia, la Lombardia sta chiedendo al governo provvedimenti ancora più restrittivi e radicali. Il presidente della Giunta Regionale Fontana vorrebbe bloccare completamente tutta l’attività produttiva: “Ho incontrato i sindaci dei capoluoghi lombardi e il presidente di Anci Lombardia, chiedono tutti la stessa cosa: chiudere tutto e subito, tranne i servizi essenziali, per ripartire poi quanto prima possibile. Le mezze misure, l’abbiamo visto in queste settimane, purtroppo non bastano a contenere questa emergenza”. Lo ha scritto sulla sua pagina Facebook il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, dopo l’incontro di questa mattina in video conferenza con i sindaci dei comuni capoluogo di provincia della Lombardia.
Ipotizzare un lockdown di tutta l’attività produttiva della Lombardia, da sempre la locomotiva economica del paese, significherebbe ridurre immediatamente la produttività del paese di un 20% abbondante. Fontana è tuttavia convinto che questa sia la scelta giusta trovando nel commissario della protezione civile Borrelli una sponda: “Credo che sia una richiesta che deve essere vagliata, considerata e valutata. Non ho elementi da fornire su questa richiesta, vedremo nei prossimi giorni” dice il capo della PC.
Senza attendere altri provvedimenti molte aziende hanno deciso di chiudere, tra questi tantissimi negozi.
L’assessore al Welfare Giulio Gallera aveva anticipato “soluzioni estreme” in mattinata: “Chiudere per due settimana e giorni interamente tutta la Lombardia può servire a ridurre o bloccare la diffusione del virus – dice Gallera – si tratta di un parere condiviso anche da numerosi esperti. Perché noi altri 15 o 20 giorni con una crescita così forsennata delle persone nei pronto soccorso e nelle terapie intensive non li reggiamo, non li regge la Lombardia e non li regge l’Italia”.
I contagi aumentano e con loro le vittime: basteranno le nuove misure? Il consiglio dei ministri si riunirà alle 8.30 di domani mattina per valutare se l’Italia da ‘zona protetta’ debba adottare un eventuale lockdown della sua regione più produttiva.
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