Da marzo è disponibile nel catalogo Netflix il capolavoro Suspiria, film di Dario Argento del 1977 con protagoniste Jessica Harpet e Alida Valli oltre a Stefania Casini e Flavio Bucci. Ecco alcuni motivi per vederlo (o rivederlo) anche e soprattutto per passare il tempo con un buon film in questo periodo così difficile a causa dell’emergenza sanitaria causata dal nuovo Coronavirus.
Suspiria è il primo capitolo ideale della cosiddetta trilogia delle Tre Madri, che comprende altri due film di Dario Argento, ovvero Inferno e La Terza Madre. Il film ha come protagonista Jessica Harper nel ruolo di una ragazza americana che si reca a Friburgo per frequentare una celebre scuola di danza. La sera del suo arrivo però, accade qualcosa di spaventoso. Ecco perché recuperarlo su Netflix.
Nel 1976 Argento era nel suo momento d’oro. Profondo Rosso, arrivato in sala l’anno prima, era stato un successo clamoroso e aveva per sempre ridefinito il genere del thriller. Adesso il cineasta romano aveva l’occasione di poter essere finalmente libero di sperimentare. Fondamentale in questo momento è la figura di Daria Nicolodi (Gianna di Profondo Rosso), all’epoca compagna (nel seno sentimentale e politico del termine) di Argento (la Nicolodi sarà la mamma di Asia). È lei a dare definitivo slancio al progetto, ispirato, per ammissione dello stesso Argento dalla visione di Biancaneve e i Sette Nani (1937) di Walt Disney (ma forse anche dal motto del movimento femminista che si sentiva spesso durante quegli anni: “Tremate, tremate, le streghe son tornate”. All’inizio, nell’idea originale di Argento, le ragazze della scuola dovevano essere molto giovani. L’età che il regista richiedeva era infatti tra gli 8 e i 10 anni (richiesta che non venne soddisfatta a causa del rifiuto degli investitori). Così, anche con delle attrici più che adolescenti, Argento non cambia idea e chiede loro di comportarsi come bambine (emblematico il litigio a base di boccacce) nonostante i loro corpi già maturi.
Argento utilizzò per il suo film una pellicola a bassissima sensibilità per esaltare i colori primari (rosso, verde, oro), rimarcare la profondità di campo e rendere su schermo quello stesso effetto da pellicola Technicolor che lo affascinò durante la visione di Biancaneve e de Il Mago Di Oz (1939). Luciano Tovoli, storico della direttore della fotografia, lavorò con un numero elevatissimo di filtri e utilizzò quasi esclusivamente lenti anamorfiche per esasperare, anche visivamente, le architetture liberty degli edifici in cui si svolgeva la narrazione: la piscina Müllersches Volksbad di Monaco o l’interno della Tanz Akademie, ricostruito negli studi De Paolis dopo che la municipalità di Friburgo negò alla troupe il permesso di girare nella suggestiva Haus Zum Walfisch (casa della balena).
Suspiria è innanzitutto una esperienza audiovisiva (immersiva e totalizzante come quelle di Nicolas Winding Refn, che al cinema di Dario Argento deve moltissimo e che con The Neon Demon ha cercato di “rifare” Suspiria) frutto del lavoro di un regista ormai sicuro di sé (al punto tale da introdurre in prima persona il racconto). Merito anche della colonna sonora dei Goblin che, non limitandosi ad accompagnare le immagini, ma addirittura esasperandole, crea un’atmosfera musicale attraversata da una inquietudine profonda ed impalpabile.
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