Rimini è sempre stata un punto di riferimento della movida italiana in estate. Quest’anno però si ritrova a fare con l’epidemia di Covid-19 e con un decreto che costringe i locali a chiudere prestissimo.
Mentre si avvicina la stagione estiva, anche Rimini si ritrova a fare i conti con l’emergenza coronavirus. Se l’anno scorso fu un anno storico, segnato dai festeggiamenti del centenario della nascita di Federico Fellini, quest’anno il contesto è molto diverso. Il nuovo decreto emanato dal governo per fronteggiare l’epidemia che sta colpendo il nostro paese, contiene misure molto restrittive per i locali. Alle 18, molto prima che inizi la classica movida estiva di ogni anno, negozi, bar e locali devono chiudere. Stesse disposizioni anche per cinema, teatri e discoteche. E se le discoteche di Rimini non sono certo più quelle ampiamente mitizzate e conosciute negli anni 80, è anche vero che ancora oggi sono un punto di riferimento dell’estate italiana. Adesso però i gestori dei locali, si ritrovano a fare i conti con i danni economici prodotti dall’emergenza, che si aggraveranno ulteriormente con le misure imposto dal decreto.
Rimini: le parole del presidente della ConfCommercio Indini
Non dobbiamo inoltre dimenticare che nel nostro territorio, il settore del turismo è tra quelli che genera i maggiori indotti commerciali. L’intera Rimini fonda buona parte della sua vita economica in alberghi, ristoranti, bar. Il fatto di dover chiudere presto, di evitare che le persone si affollino in un luogo, mette gli imprenditori in una situazione difficilissima.
Gianni Indino, presidente della ConfCommercio di Rimini, ha dichiarato che considerata la reale gravità della situazione, l’unica soluzione è quella di richiedere lo stato di calamità per operatori, imprenditori e commercianti. Considerazioni, quelle del presidente di ConfCommercio Rimini, che sono ampiamente condivise da Patrizia Rinaldis, presidente dell’Associazione Italiana Albergatori Rimini.
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La Rinaldis, interrogata sul tema, ha dichiarato che: “Ad oggi è meglio, fermarsi il tempo necessario, una settimana, diecigiorni. Chiudiamo tutto e arginiamo il problema ma ricominciamo perché muoversi a singhiozzo è una agonia, non sai mai domani cosa ti riserva. I danni li valuteremo, saranno ingenti, però dobbiamo ripartire”.