La scoperta è stata effettuata dagli ispettori del Nucleo operativo ecologico di Trento. I colpevoli gestivano l’amianto rendendo artificiosamente difficoltosa la sua tracciabilità.
Rivendevano quantità abbondanti di amianto come se fosse materia prima non nociva. E ci riuscivano in maniera anomala e difficile da reperire. Ma non impossibile, come infatti sono riusciti a fare i carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Trento. I militari dell’arma hanno infatti effettuato perquisizioni e sequestri all’interno di un’azienda trentina. Nel corso di queste ispezioni è venuta fuori una ingente quantità di rifiuti contaminati da amianto, che non erano ancora stati smaltiti nella maniera corretta dagli operai.
L’indagine è stata condotta, oltre che dai carabinieri del Noe, anche dagli ispettori del Nucleo investigativo dell’Appa. A loro si sono aggiunti, nella fase più intensa, il Nucleo operativo specialistico del Corpo forestale trentino, del Servizio minerario e dell’Ispettorato del lavoro. Questi hanno scoperto l’azienda, che opera nell’ambito delle attività di scavo e movimentazione terra, riciclaggio di rifiuti speciali e bonifiche ambientali di siti contaminati. Ma le loro operazioni “non ufficiali” si estendavano anche alla gestione dell’amianto.
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Gli operai dell’azienda trentina gestivano i rifiuti rendendoli difficili da analizzare e da tracciare. In diverse occasioni, tra l’altro, non li sottoponevano alle analisi previste dall’autorizzazione ambientale. E così riuscivano a miscelare i rifiuti contaminati da amianto tra di loro, in modo da utilizzarsi in altro modo. Miscelandoli col cemento, ad esempio, li utilizzavano per sottofondi stradali, riempimenti di vario tipo, opere edilizie, copertura di discariche. Grazie alle indagini appena concluse, però, questa serie di operazioni è stata portata alla luce.
I rifiuti contaminati da amianto partivano da Castelfranco Veneto in provincia di Treviso. Dopodichè approdavano nella Bianchi srl, azienda che ha sede a Isera, in provincia di Trento, che rivendeva tutto come materia prima. I carabinieri del Noe di Brescia e Trento hanno accertato che l’azienda trentina stava lavorando le terre contaminate da amianto. Tutto ciò stava però avvenendo senza il prescritto piano di bonifica. Ora la palla passa alla Procura di Rovereto che dovrà esaminare il sequestro. Le ipotesi di reato riguardano le attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti.