Giunta in queste ore la notizia che gli scienziati del Sacco hanno ricostruito la mappa genetica dei tre ceppi di coronavirus circolanti al momento in Italia. Confermata l’origine cinese del virus, che però circolava nel nostro Paese prima del focolaio di Codogno.
Un’altra scoperta tutta italiana. Poche ore fa è giunta notizia che un gruppo di ricercatori è riuscito a ottenere la mappa genetica completa dei ceppi del coronavirus SarsCoV2 al momento in circolazione in Italia.
La scoperta è stata portata a termine dai ricercatori dell’Università Statale di Milano e dall’Ospedale Sacco. Un gruppo, questo, coordinato da Gianguglielmo Zehender, Claudia Balotta e Massimo Galli, che è poi lo stesso che aveva isolato i 3 ceppi del virus nell’area di Codogno tempo fa.
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Coronavirus, ottenuta la mappa genetica dei 3 virus isolati in Italia
A rendere noto il successo della ricerca è stata la stessa Università Statale di Milano. Secondo quanto dimostrato con lo studio, dalla sequenza genetica è emersa chiaramente la parentela con i virus in circolazione in altri Paesi europei. Inoltre, è stata ufficialmente confermata l’origine dei ceppi, che sono dunque parenti di quelli diffusisi inizialmente in Cina.
Come è possibile leggere dallo studio del gruppo di ricerca, dalla prima analisi è emerso che il coronavirus isolato da tre persone in Lombardia possiede forti analogie con le sequenze genetiche del coronavirus dei primi casi rilevati in Italia. Si intende, cioè, del virus che ha infettato il corpo del turista cinese ricoverato (assieme a sua moglie) nell’ospedale Spallanzani di Roma, e di quello del ben noto “paziente uno” di Codogno. Entrambe le loro sequenze, inoltre, erano state ottenute dall’Istituto Superiore di
Sanità (Iss) e dal Policlinico Militare Celio di Roma.
Un’ulteriore analisi delle sequenze, poi, ha permesso di notare e confermare le forti analogie che i tre ceppi circolanti in Italia possiedono con i virus isolati in Europa, soprattutto in Germania e in Finlandia, e in America Centrale e Meridionale.
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Inoltre, i ricercatori hanno sottolineato come il virus era già liberamente in circolazione in Italia diverso tempo prima che il caso del focolaio di Codogno venisse alla luce. Secondo gli esperti, infatti, “la stima preliminare del tempo di origine di questo cluster corrisponde a un periodo che precede di diverse settimane il primo caso evidenziato in Italia il 21 febbraio. L’analisi in corso di ulteriori genomi ci consentirà di ottenere stime più precise sull’ingresso del virus nel nostro Paese e sulle possibili vie di diffusione”.