Berlinale | il festival è ancora oggi un’oasi felice per le registe donne?

Quest’anno alla Berlinale un terzo dei film in concorso è diretto da registe donne. Un dato importante, specialmente se confrontato con i numeri degli altri festival, ma in molti sostengono non sia ancora abbastanza.

Sei dei diciotto film selezionati per il concorso della Berlinale 2020 sono diretti da registe donne. Certamente non quella parità richiesta da molti movimenti (soprattutto americani) orbitanti attorno al MeToo, ma c’è anche da considerare il problema alla base, ovvero la difficoltà per le donne di arrivare a dirigere un film: la loro scarsa presenza nei festival è solo un sintomo della patologia.

Le donne della Berlinale

Nonostante ci siano meno registe donne quest’anno a poter aspirare al prestigioso Orso d’Oro rispetto alla passata edizione, i numeri della Berlinale sono decisamente più rassicuranti di quelli di altri festival europei come Cannes o Venezia. Storicamente, infatti, la Berlinale è stata una rampa di lancio per molte autrici che nella kermesse berlinese hanno trovato la loro definitiva consacrazione. Da quando esiste la manifestazione, infatti, sei donne hanno ricevuto il riconoscimento più ambito (l’Orso d’Oro). Per fare un paragone, solo una donna ha vinto la Palma d’Oro nella storia del Festival di Cannes: Jane Campion con il suo Lezioni di Piano, che raccontava dell’amore passionale tra una ragazza muta e uno sconosciuto del quale diventava insegnante di pianoforte (il film vinse anche tre premi Oscar).

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I film in concorso

Never Rarely Sometimes Always, il nuovo film di Eliza Hittmann sul delicato tema dell’aborto, è uno dei contendenti più forti per l’Orso d’Oro, mentre The Assistant di Kitty Green ha suscitato talmente tanto interesse, che il festival è stato “costretto” ad organizzare altre proiezioni rispetto a quelle inizialmente previste. Il film della Green mette in scena la quotidiana lotta di una giovane laureata che lavora come assistente in una casa di produzione newyorkese. Il film, diretto da una regista che si è formata con il genere del documentario, è basato su centinaia di ore di interviste, fatte anche a donne che in passato avevano lavorato per Weinstein, il produttore condannato per violenze e molestie lo scorso lunedì. Lo stesso presidente di giuria Jeremy Irons ha dovuto rispondere, durante la prima conferenza stampa, di alcune dichiarazioni infelici rilasciate ormai quasi un decennio fa su aborto, diritti delle donne e matrimoni tra persone dello stesso sesso. L’attore britannico si è pubblicamente scusato per quei commenti e ha dichiarato di lottare al fianco delle donne affinché possano raggiungere gli stessi diritti e le stesse opportunità dei loro colleghi maschi.

 

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Non solo femminismo

Ma non tutti i film diretti da donne trattano temi legati all’emancipazione femminile e alla rivendicazione dei diritti di genere. “Io sono solo felice di poter fare film, nonostante il mio sesso e la mia età”, ha scherzato la veterana del cinema indipendente Kelly Reichardt, 56enne, rispondendo ad una domanda sul suo ultimo film First Cow, in concorso a Berlino. Si tratta di una tenera e dolce rivisitazione del genere western, che mette al centro di tutto i rapporti tra le persone. Il film, differentemente da quanto si possa immaginare, racconta l’amicizia fra due personaggi maschili. L’umanesimo che muove il cinema della Reichardt prescinde dal sesso dei suoi personaggi.

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