Il direttore del Dipartimento di Malattie infettive Gianni Rezza interviene sul coronavirus. “Sarà una convivenza di mesi, dobbiamo prepararci e non spaventarci. Il caldo e la primavera potrebbero aiutarci. I casi? Cresceranno ancora, ma ora i malati guariranno”
“Durerà mesi” risponde il direttore del Dipartimento di Malattie infettive Gianni Rezza, intercettato sul coronavirus e sulla convivenza con l’epidemia. “Abbiamo un numero non piccolo di casi. Siamo arrivati alla seconda o terza generazione di contagi. Il focolaio principale è circoscritto. I nuovi casi sono quasi tutti riconducibili all’epicentro dell’epidemia nel Lodigiano e ai due focolai più piccoli in Veneto”. Ma avverte. “Ci aspettiamo ancora un aumento dei casi, fino a quando le misure adottate non daranno gli effetti sperati”.
Il coronavirus è penetrato tra la popolazione nonostante la circoscrizione. “Ormai è chiaro, è fuori dalla gabbia. Bisogna prendere coscienza del fatto che, tutto sommato, lo troviamo un po’ ovunque. Infetterà ancora tanta gente. Per fortuna non fa troppo male, soprattutto sotto ai 60 anni. I giovani restano in buone condizioni e i bambini sembrano resistenti. Il rischio più grande è per anziani e malati in dialisi, con scompenso cardiaco o insufficienza respiratoria. Dobbiamo prepararci bene per prevenire i contagi soprattutto fra loro”.
“Alla fine – prevede Massimo Ciccozzi, epidemiologo del Campus biomedico di Roma – allontanando le persone infette, riusciremo a spezzare la catena dei contagi”. La sua specialità è mettere insieme i genomi dei virus sequenziati finora e ricostruirne l’albero genealogico. “Abbiamo osservato – aggiunge – due mutazioni importanti rispetto alla Sars che circolò nel 2003. La prima rende il nuovo coronavirus più contagioso. La seconda per fortuna fa sì che sia meno letale”.
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Tra i fattori che potrebbero frenare la trasmissione, c’è anche la primavera e i cambiamenti climatici ad essa collegati. “È solo una sensazione” spiega Silvestri. “Ma è possibile che la diffusione del coronavirus sia legata anche a fattori ambientali. Non ci spieghiamo il fatto che nazioni popolose, con legami intensi con la Cina, siano prive o quasi di contagi. Penso a Indonesia, India, Thailandia, Bangladesh, Africa. Forse la temperatura gioca un ruolo nel limitare l’epidemia. In questo caso, il caldo potrebbe frenare il virus anche in Italia, come avviene con raffreddore e influenza stagionale”.
Un quadro totale non è disponibile. Le misure variano da paese a paese. Lo precisa Giovanni Maga, virologo e direttore dell’Istituto di genetica molecolare del Cnr di Pavia. “Quello che servirebbe è un coordinamento europeo. È chiaro infatti che da noi i casi sono tanti perché i test che effettuiamo sono tanti. Se usassimo gli stessi criteri ovunque, avremmo un quadro più chiaro”. E conclude. “Nelle prossime settimane, quando questi malati guariranno, vedremo se i nuovi contagi proseguiranno”.
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