La nave con a bordo 194 migranti è ferma ad est di Lampedusa, Sea Watch lancia l’appello. “Sei giorni fa abbiamo chiesto un porto sicuro all’Italia dopo il nostro primo salvataggio. Siamo rimasti in area ricerca e soccorso e abbiamo salvato altre 73 persone. Abbiamo coinvolto il nostro Stato di bandiera e ripetuto per 3 volte la richiesta, anche a Malta: 194 naufraghi sono così bloccati a bordo”.
Sono centonovantaquattro i migranti fermi ad est di Lampedusa a bordo della Sea Watch. La nave umanitaria, dopo aver salvato altre 73 persone, si appella all’Italia. “Sei giorni fa – si legge nel tweet divulgato questa mattina – abbiamo chiesto un porto sicuro all’Italia dopo il nostro primo salvataggio. Siamo rimasti in area ricerca e soccorso e abbiamo salvato altre 73 persone. Abbiamo coinvolto il nostro Stato di bandiera e ripetuto per 3 volte la richiesta, anche a Malta: 194 naufraghi sono così bloccati a bordo”.
La nave della Ong tedesca era quindi rimasta al largo della Libia in questo periodo in cui gli scontri intorno a Tripoli si fanno più aggressivi e malgrado le condizioni meteo non esattamente serene sono risultate in aumento le partenze. Infatti sono state soccorse altre due imbarcazioni questa notte. Una con 54 persone a bordo e l’altra con 19. Entrambe imbarcazioni in legno soccorse a nord di Zawiya, nelle vicinanze di Tripoli. Probabilmente la Sea Watch 3 non si aspettava di non veder tornare la Ocean Viking dopo che le era stato assegnato il porto di Pozzallo quale “Place of Safety”.
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Immediate le reazioni del mondo politico e del governo alla notizia della Sea Watch bloccata e in attesa di conoscere disposizioni. Il deputato del Partito democratico, Matteo Orfini, sottolinea che la nave Sea Watch attende da sei giorni un porto sicuro dopo aver salvato quasi 200 persone. Il parlamentare democratico ha sottolineato l’esigenza di intervenire tramite un post apparso su facebook. “La sentenza della Cassazione di qualche giorno fa – spiega – ha chiarito che una operazione di soccorso si deve ritenere conclusa solo con lo sbarco in un porto sicuro e che trattenere i naufraghi su una nave significa non garantirne i diritti”.
Orfini spiega anche l’esigenza di assegnare immediatamente un porto, al netto di condizioni di sicurezza garantite. “Aggiungo per chiarezza: appena sbarcati i naufraghi vengono posti in quarantena in un hot spot e sottoposti a controlli medici. Quindi – prosegue Orfini – come al solito, non c’è alcuna ragione per non assegnare un porto. E la prassi per cui si tengono le navi in mezzo al mare in attesa che si completi l’accordo sulla ricollocazione è illegittima, oltre che politicamente insostenibile. Non è possibile tenere ferme quasi 200 persone. Bisogna garantir loro il sostegno e la sicurezza necessari”.
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