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L’assenza da lavoro per paura di essere contagiati dal coronavirus non è necessariamente tutelata dalla legge.
Non recarsi al lavoro per il timore di contrarre il coronavirus, può essere motivo di licenziamento. La situazione può però cambiare nel caso in cui sia emanata una disposizione dalle autorità competenti, come avvenuto ad esempio in Veneto. In questi casi, non solo il posto di lavoro viene conservato, ma viene anche garantita la retribuzione. Gli unici che per il momento sono in grado di offrire dei chiarimenti esaustivi in merito a questo tema, sono i consulenti del lavoro.
Molte aziende private nelle regioni che sono state colpite dal contagio, hanno incrementato notevolmente l’utilizzo dello smart working ( lavoro da casa). Negli uffici pubblici sono invece state emanate delle direttive, firmate dal Ministro della Pubblica Amministrazione Fabiana Dadone, riguardanti il telelavoro e i comportamenti da tenere. Il Ministro della Pubblica Amministrazione ha inoltre dichiarato che: “Tuteleremo salari e assenze obbligate”.
Sono cinque i casi di assenza individuati dai consulenti del lavoro. Se l’assenza dal luogo di lavoro avviene a causa di un ordine impartito da una pubblica autorità, o sia la stessa azienda che decidere di chiudere per sicurezza, in quel caso il dipendente ha il diritto di restare a casa. La sua retribuzione sarà pagata e potrà anche intervenire la cassa integrazione.
Se l’assenza è invece dovuta a uno stato di quarantena anche qui valgono le regole di tutela relativa. Il lavoratore ha infatti il diritto a conservare il posto di lavoro e il salario. Se invece il timore è quello di assentarsi per la semplice paura di essere contagiati dal coronavirus una volta usciti di casa, il lavoratore rischia di andare incontro a pesantissime sanzioni disciplinari, che possono in ultimo portare al licenziamento.
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L’unica cosa certa è che le grandi imprese del Nord stanno incentivando il più possibile il lavoro da casa. Nelle zone rosse, come stabilito dai provvedimenti del governo varati nelle ultime ore, lo smart working è inoltre applicabile anche senza accordo preventivo tra dipendente e lavoratore.
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